"C'è chi crede in dio o nel denaro. Io credo nel cinema, nel suo potere. L'ho scoperto da ragazzino, mi ha aiutato a fuggire da una realtà in cui ero infelice. È una delle forme d'arte più alte che l'uomo ha concepito. Credo nel suo futuro."
(John Carpenter)

venerdì 28 marzo 2008

I mondi fantastici di René Castillo

La plastilina è il materiale ideale per dare consistenza ai sogni: morbida eppure capace di formare figure solide, è al contempo impalpabile e concreta, e non stupisce notare come nelle mani di grandi artisti riesca a creare mondi plausibili e accattivanti. Fra gli animatori in plastilina meno noti al grande pubblico, ma non per questo meno significativi, c’è René Castillo, messicano di Guadalajara che con soli due cortometraggi realizzati a cavallo del millennio ha già riscosso numerosi premi in importanti festival internazionali come quelli di Annecy, Montréal e Seattle.

Riconoscimenti importanti per un’industria, quella cinematografica messicana, dalla quale sono già usciti talenti molto considerati a livello internazionale (pensiamo a Guillermo Del Toro e Alfonso Cuaron) e che ora allarga anche all’animazione il suo campo d’azione: come ha spiegato lo stesso Castillo, infatti, non esiste nel paese centroamericano una tradizione tale da permettere a un animatore di progredire nei suoi studi: chi vuole animare deve farlo affrontando sforzi personali, da perfetto autodidatta. Esattamente come è accaduto allo stesso Castillo, laureato in Scienze della Comunicazione e che poi ha iniziato a far da sé, fino a realizzare nel 1998 il suo primo short, in coregia con Antonio Urrutia: Sin Sostén.

4 minuti per raccontare la storia di un uomo qualsiasi, goffo e che si aggira con fare sperduto e rassegnato fra le case della sua cittadina. E’ un aspirante suicida, che nel momento del gesto estremo si ritrova a guardare due cartelloni pubblicitari, uno raffigurante un aitante cowboy, l’altro una prosperosa modella: possibili esempi di una vita sognata, invidiata, forse anche guardata con un po’ di rassegnazione. E in virtù di questa forza le due figure si animano, il cowboy salva l’uomo dal suicido con la sua corda, salvo essere lui poi a cadere, rivelando una incipiente calvizie e lasciando che il protagonista atterri fra i generosi seni della modella. Ma forse è soltanto l’ultimo desiderio sognato dal suicida nell’attimo del trapasso.

Il design grottesco dei personaggi impresso dalla mano di Castillo (anche animatore) rivela un intento ironico e anche satirico rispetto a una visione del mondo abbastanza crepuscolare e vicina a certi ritratti sociali cari a registi come Tim Burton o Fellini, che rendono il corto folgorante e gradevole. I cittadini svolgono un divertente ruolo di commento e contorno alla vicenda principale e il tono riesce a mantenere un raro equilibrio suscitando allo stesso tempo un sorriso ma anche un senso di tenerezza, parlandoci di sentimenti umanissimi come la disperazione per una vita che non regala le giuste soddisfazioni e la tentazione di arrendersi al destino.

Ma è nel 2001 che Castillo sale alla ribalta internazionale con l’acclamato Hasta los huesos, altro cortometraggio, stavolta firmato interamente dal nostro, che può considerarsi insieme un seguito e un rovesciamento di prospettive su quanto codificato dal precedente Sin sostén. L’omino morto riceve infatti degna sepoltura e per lui si aprono le porte di un aldilà che ha la forma di una strana locanda, dove si radunano avventori scheletrici e affascinanti cantanti donne (anch’esse composte soltanto da ossa), mentre un vermone dentuto cerca di divorare le carni per permettere al nostro di passare definitivamente l’ultima barriera che ancora lo separa dagli altri personaggi: quella del corpo di carne, appunto. Ma l’uomo è indeciso, fino a quando una delle cantanti non lo convincerà ad andare fino in fondo.

A partire dall’incipit, dove la macchina da presa si muove agile fra le tombe, in un movimento che ricorda parte dell’intro di Nightmare Before Christmas, Castillo rinnova il suo debito verso la tradizione gotico-grottesca del già citato Tim Burton, ma è sorprendente notare come stavolta sia l’autore americano a dover pagare pegno nei suoi confronti: scenografie e atmosfere sollevano infatti più di un sospetto circa una possibile influenza che Hasta los huesos deve aver avuto sul successivo La sposa cadavere, dello stesso Burton. Anche in questo caso, infatti, un aldilà dalla curiosa foggia di locanda/nightclub si rivela un luogo decisamente più accattivante e sereno rispetto a un mondo dei vivi grigio e dominato dalla tristezza. Una foto suggerisce infatti che la poca voglia di vivere dell’omino sia dovuta alla perdita di una persona amata e in questo senso è giusto che proprio l’amore per un’altra possibile compagna lo spinga ad andare fino in fondo e ad accettare la nuova dimensione nella quale il personaggio è atterrato.

Interessante notare come lo spirito del corto capovolga dunque quello del lavoro precedente: se prima l’omino intendeva infatti morire, in questo nuovo corto è titubante e timoroso rispetto all’idea di abbandonare il proprio corpo di carne per adeguarsi alla nuova realtà. Il film è per questo meno ironico del precedente (nonostante non manchino tocchi brillanti, inseriti con garbo nel corpo del racconto) e più dolente, si appoggia a una tradizione folkloristica e culturale tipica del Messico, evidente nel canto della donna che inneggia alla Llorona, figura mitica e temuta nelle culture latine. E riesce in questo modo a parlarci della morte, del senso di perdere una vita e del bisogno di sentirsi parte di una comunità, che sia quella dei vivi o dei morti, purché si abbia uno scopo e qualcuno da amare.

Due lavori quindi divertiti, ma capaci di grande sensibilità, dove l’animazione in plastilina riesce a far trasparire ogni gesto ed emozione, grazie a una direzione attenta e a un immaginario forgiato con passione.

Allo stato attuale René Castillo ha annunciato di voler lavorare a un lungometraggio, ma niente è ad oggi trapelato circa un suo nuovo lavoro: nel frattempo Hasta los huesos è stato trasmesso in Italia da Canale 5 all’interno del settimanale “Terra!” alcuni anni fa, con il titolo Ciao, scheletri. Speriamo di sentir parlare di lui al più presto.

Sin Sosten su YouTube
Hasta los huesos su YouTube
Sito di René Castillo
Sito della Calavera Film, casa di produzione
Intervista a René Castillo (in spagnolo)

1 commento:

Anonimo ha detto...

E così anche tu hai deciso di buttarti nel mondo virtuale! Complimenti e ben venuto! Verrò spesso a sbirciare ;)
Stefania