"C'è chi crede in dio o nel denaro. Io credo nel cinema, nel suo potere. L'ho scoperto da ragazzino, mi ha aiutato a fuggire da una realtà in cui ero infelice. È una delle forme d'arte più alte che l'uomo ha concepito. Credo nel suo futuro."
(John Carpenter)

giovedì 23 ottobre 2008

Remington Steele

Remington Steele

Solitamente, quando si pensa agli anni Ottanta, l’immaginario che subito balza in mente è quello barocco e fracassone, che tende spesso a sconfinare nel kitsch, tipico soprattutto della seconda metà del decennio. Si tende pertanto a dimenticare invece quell’interessante momento di passaggio che ha visto nuove generazioni di autori confrontarsi in maniera feconda e interessante con i codici espressivi e narrativi del cinema classico per adeguare gli stessi al gusto delle nuove generazioni, dando vita a prodotti vitali e intelligenti.

La serie tv Remington Steele è uno degli esempi più puri di questi prodotti “di mezzo”, capace quindi di riverberare la forza dei modelli dai quali attinge a piene mani, risultando però non parassitario, ma anzi intrigante e ancora oggi abbastanza godibile. Trasmessa inizialmente dalla tv italiana con lo strano titolo Mai dire sì, la serie in questione è stata prodotta da MTM Enterprise per il network NBC ed è andata in onda (in America) dal 1982 al 1987 articolandosi in cinque stagioni per un totale di 94 episodi. Protagonisti indiscussi erano un ancor giovane e semisconosciuto Pierce Brosnan e la brava (sebbene poco fortunata) Stephanie Zimbalist.

La storia si incentra sulla giovane e capace detective privata Laura Holt che, dopo aver constatato la diffidenza dei clienti a fidarsi di un’investigatrice donna, si inventa un immaginario principale, Remington Steele appunto, al quale intesta la sua agenzia. Un giorno, però, un raffinato ladruncolo irrompe nella sua vita assumendo l’identità di Remington Steele e affiancando Laura nelle sue quotidiane avventure.

A un livello primario Remington Steele è una serie giallo-rosa che sfrutta l’elemento thriller come supporto per la componente comedy fornita dai continui battibecchi tra i due protagonisti: Laura infatti sopporta a fatica l’inganno del quale si è resa involontaria complice con l’arrivo del suo falso “principale” (del quale non si saprà mai il vero nome), è chiaramente la più capace del duo e deve da un lato portare avanti l’attività, dall’altro vigilare perché l’impostore non comprometta la rispettabilità della ditta a causa della sua inesperienza di investigatore. Il che inevitabilmente dà vita a una serie di divertenti equivoci che si sposano più in generale con una riflessione sui ruoli dei due personaggi e sul rapporto tra i sessi in una società che non ha ancora permesso alle donne la piena emancipazione e, anzi, continua a perseguire un’ideale divisione dei compiti. Materiale perfetto per una screwball comedy di impianto classico, genere dal quale la serie attinge in maniera precisa con dialoghi veloci e frizzanti, in grado di conferire brio a una serie basata più sul confronto verbale che sugli eventi. Steele e Laura, insomma, possono essere visti come una sorta di versione moderna di Nick e Nora Charles, i protagonisti della splendida saga de L’uomo ombra o delle classiche coppie alla Katherine Hepburn/Cary Grant, anche se aggiungono una dose di chimica sessuale in più, grazie al carisma e al fascino dei due interpreti, in grado di conferire un sapore più moderno al prodotto. Quello tra Steele e Laura, in fondo, è nient’altro che un lungo corteggiamento fra due personaggi dal carattere opposto, destinato a trascinarsi per tutta la durata della serie.

Tutto questo permette a Remington Steele di fare il paio con un altro importante telefilm degli anni Ottanta come Moonlighting, interpretato da Cybill Sheperd e Bruce Willis (e creato dallo stesso produttore, Glenn Gordon Caron).

L’elemento nuovo è fornito dall’inserimento, in questo schema per l’appunto classico, dell’elemento finzionale: in un nuovo mondo che bada molto all’apparenza più che alla sostanza, quindi, la rappresentazione diviene uno strumento capitale per potersi muovere tra le pieghe del reale e perseguire i propri scopi. L’idea è sfruttata sia a livello squisitamente narrativo, per generare continui equivoci, sia teorico, attraverso un gioco di rispecchiamenti con una serie di modelli che Steele rievoca esplicitamente. Il personaggio è infatti un fervente cinefilo che si rapporta ai casi attraverso quanto ha imparato dai film che ha visto durante la sua vita (dei quali sistematicamente cita gli elementi con la classica formula cinefila americana della quale si è scritto nell’articolo sulla Warner). E l’aspetto più interessante sta nel fatto che quasi sempre questi “insegnamenti” si rivelano utili e corretti, perfettamente adattabili alle situazioni generate dal meccanismo giallo: è chiaro dunque come si sia all’interno di uno schema che non cerca i suoi referenti nel mondo reale, ma è perfettamente conchiuso in un percorso referenziale e citazionista, che ci dice della natura postomoderna del serial, dove l’apparenza è sostanza e la consapevolezza del proprio agire in rapporto a un modello preesistente è evidente.

Remington Steele diventa quindi un puro gioco cinefilo che viene ingaggiato con lo spettatore consenziente (meglio se conoscitore dei film di volta in volta chiamati in causa) fornendo nuove prospettive su scene e meccanismi già noti, con un esito brillante e ricercato.

Ciò permette al telefilm di superare anche alcuni difetti tipici del prodotto seriale anni Ottanta, quali l’estrema povertà di una regia basata in prevalenza su primi piani, e una fotografia piatta (in antitesi a quanto invece avviene oggi, in maniera anche smodata), cui i produttori cercano comunque di ovviare attraverso una varietà di situazioni e di luoghi che portano le stagioni finali ad essere parzialmente ambientate anche in Europa e in location lontane da quelle tradizionali del giallo o della commedia sofisticata. Entrano dunque in ballo rivali in amore per Steele, come il personaggio dell’avventuriero interpretato da Jack Scalia (secondo un modello tipico dell’eroe anni Ottanta alla Indiana Jones o Jack Colton – il personaggio di Michael Douglas in All’inseguimento della pietra verde), fatto che dimostra anche la capacità del format di assorbire gli stimoli offerti dall’immaginario contemporaneo.

Pagina di Mai dire sì su Wikipedia
Remington Steele Fan Page (in inglese)
Lista dei film citati nel serial
Sito ufficiale di Pierce Brosnan
Sito ufficiale di Stephanie Zimbalist

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