"C'è chi crede in dio o nel denaro. Io credo nel cinema, nel suo potere. L'ho scoperto da ragazzino, mi ha aiutato a fuggire da una realtà in cui ero infelice. È una delle forme d'arte più alte che l'uomo ha concepito. Credo nel suo futuro."
(John Carpenter)

lunedì 23 febbraio 2009

Frost/Nixon: Il duello

Frost/Nixon: Il duello

Ossessionato dal successo, l'anchor-man David Frost decide di organizzare un’intervista all’ex presidente Richard Nixon, al quale tenterà di far finalmente ammettere le proprie colpe nello scandalo Watergate. L’occasione buona, insomma, per far sostenere al presidente traditore quel processo che la giustizia ufficiale gli ha permesso di sfuggire, graziandolo dei suoi reati. Nixon dal canto suo accetta entusiasta, convinto com’è di poter sfruttare la situazione a proprio vantaggio, riabilitandosi agli occhi dell’opinione pubblica. Frost si vede costretto a investire personalmente il denaro necessario dopo che ogni emittente televisiva rifiuta di acquistare il programma e quindi la posta in gioco si rivela per entrambi i contendenti molto alta.

Si tira un sospiro di sollievo nel notare come, fra due trasposizioni poco interessanti da Dan Brown, Ron Howard si sia ritagliato il tempo di confezionare un piccolo gioiello di cinema civile, affidandosi a una pièce teatrale di Peter Morgan (già autore dell’ottimo The Queen). D’altronde era più che lecito aspettarsi un sussulto dall’ultimo regista professionale presente a Hollywood, uno di quei talenti che non rivendica l’autorialità a tutti i costi, quanto la possibilità di sperimentare strade sempre diverse, facendo dell’eclettismo la sua cifra stilistica. Anche se poi, a ben guardare, Frost/Nixon si presenta come un ribaltamento del concept di EDtv, come a ribadire che in fondo, l’artigiano, gli artigli dell’autore a volte li sa tirare fuori eccome!

Ma lasciamo da parte le sterili classificazioni e andiamo al sugo della storia: si citava EDtv. Lì, la cattura della performance nel suo farsi; qui la registrazione in differita di un evento che riassume in sé i sentimenti di un sentire comune già passato. E’ il processo a Nixon, negato dalla Storia, sebbene acclamato da una nazione, che ora avviene attraverso la televisione, come a ribadire le possibilità morali insite nei linguaggi codificati dal piccolo schermo (omaggiati dalla struttura falso-documentaristica che rimanda a format altri e ci ricorda che il Real Cinema è il genere faro dei nostri anni), e al contempo la sua natura vampiresca, fatalmente spettacolare. Howard mette sul piatto entrambe le carte, attraverso la contrapposizione tra un Frost ossessionato dal successo e il suo collaboratore James Reston, che più di ogni altro sembra sentire la necessità di inchiodare il presidente traditore alle sue responsabilità.

Il quadro tratteggiato dal regista rifugge però ogni manicheismo e si diverte anzi a mostrare non solo i piccoli scarti che separano la teoria (in base alla quale non si dovrebbe nemmeno stringere la mano al nemico) dalla realtà (dove invece accade esattamente il contrario e si può concedere l’onore delle armi all’avversario); ma soprattutto gioca sull’identità dei due contendenti, entrambi avidi e attirati dalle possibilità che il confronto porta con sé. Il gioco naturalmente volge ben presto in direzione di un racconto formativo dove ognuno dei due antagonisti si vede costretto a elaborare le proprie colpe e a fare ammenda dei propri errori. Il duello diventa quindi una partita che assume connotati sempre più tragici, che fanno emergere la vita nascosta dietro le rispettive maschere: la fragilità e i timori di un anchor-man di successo che staziona in bilico su un possibile viale del tramonto e la caparbietà di un ex-presidente che non accetta il ruolo di sconfitto dalla Storia (ed è peraltro aiutato da un segretario che dimostra una volta di più l’importanza dei comprimari nel racconto).

Il che assume connotazioni più importanti laddove si iscrive all’interno dello schema tracciato dal film, nel quale la scoperta delle umane sensazioni che si agitano nel profondo dei duellanti sembra indirizzare il racconto verso la rottura della differita, per ritrovare quella verità immediata che il film ha inizialmente messo in scacco. Ecco dunque che la telefonata (immaginaria?) tra Frost e Nixon, nella quale il presidente sfoga tutto il suo rancore verso il mondo, è il momento che rompe la sospensione temporale del plot per lasciare uscire, come un umore nero, la verità di due anime sole e rancorose verso un mondo che non sembra volerli comprendere. La scena è costruita secondo una dialettica squisitamente teatrale dove la solitudine del presidente, la sua ubriachezza e la stanchezza di Frost, rovesciano e spogliano l’iconografia fino a quel momento portata avanti dai due rivali, e palesano la loro umanità.

Non solo! Il momento segna, anche narrativamente, il cambio di passo nel duello fra i due, favorendo la redenzione di entrambi e l’affondo finale. Il fatto che Frost esegua nel privato quella elaborazione dei propri errori che Nixon invece si ritrova costretto a effettuare in diretta televisiva, ci riporta infine al ruolo del media all’interno della storia (e della Storia), dove alla fine il vincitore si decreta non già in base alla reale capacità di sconfiggere il prossimo, quanto alla sua abilità nell’inchiodarlo alle proprie responsabilità in diretta tv. E si torna quindi alla formula real-tv di EDtv, il cerchio si è chiuso.

Frost/Nixon: Il duello
(Frost/Nixon)
Regia: Ron Howard
Sceneggiatura: Peter Morgan, dalla sua pièce teatrale
Origine: Usa, 2008
Durata: 122’

Dichiarazioni di Peter Morgan
Sito ufficiale italiano
Sito ufficiale americano
Pagina di Wikipedia su David Frost
Pagina di Wikipedia su Richard Nixon
Pagina di Wikipedia sullo scandalo Watergate

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