"C'è chi crede in dio o nel denaro. Io credo nel cinema, nel suo potere. L'ho scoperto da ragazzino, mi ha aiutato a fuggire da una realtà in cui ero infelice. È una delle forme d'arte più alte che l'uomo ha concepito. Credo nel suo futuro."
(John Carpenter)

giovedì 11 giugno 2009

Nathan Never fra passato e presente

Nathan Never fra passato e presente

Il prossimo mese compierà 18 anni, entrando nella “maggiore età”, quantomeno formalmente, essendo un fumetto “adulto” già dalla sua prima uscita nelle edicole. Non a caso l’evento viene festeggiato con l’uscita della prima ristampa ufficiale, arricchita da una copertina originale che rielabora in senso meno squisitamente cyberpunk e maggiormente figlio dell’estetica digitale la prima, storica, cover di Claudio Castellini (l’autore del bellissimo restyling è Massimiliano “Max” Bertolini): è quasi la quadratura di un cerchio per una serie che in effetti è sempre stata sospesa tra passato e presente, o quantomeno è riuscita a stazionare in quella precaria intercapedine che la fantascienza naturalmente porta con sé. La sottile contraddizione del genere, in fondo, sta tutta nel suo essere considerato “d’anticipazione”, laddove i timori e gli umori che veicola sono quasi sempre legati al momento storico in cui ogni storia viene creata. Così è anche per questa saga techno-noir, costretta a essere sempre moderna sebbene ormai classica e non priva di un'evidenza "artigianale" nella confezione, tipica dei lavori della Sergio Bonelli Editore: un’opera che nelle dichiarazioni di Antonio Serra (creatore insieme ai colleghi Michele Medda e Bepi Vigna) ha finito con l’assumere la caratura di grande contenitore di immaginario, spesso deviando dal genere di riferimento per tentare derive nel fantasy, pescando il meglio di linguaggi differenti come quelli dei manga o dei comics americani e, naturalmente, le iconografie del migliore cinema passato e presente.

Anche questo, dunque, è parte di una natura “a metà”, punto di forza e insieme fulcro di molte critiche per una testata che pure ha saputo rompere alcuni schemi del fumetto popolare italiano (e in particolare di quelli creati proprio dalla Bonelli), formalmente prima ancora che nei contenuti, ma non abbastanza da accontentare gli scettici, ovvero chi considera il lavoro di ricontestualizzazione di figure e temi compiuto da sceneggiatori e disegnatori come un semplice atteggiamento derivativo. Meglio quindi entrare nel merito delle vicende e degli archi narrativi che compongono la variegata continuity neveriana, fra le poche in Italia a restituire l’idea di un universo autosufficiente e composito, sebbene iscritto in una realtà editoriale più ampia, con tanto di cross-over in archivio (celebri quelli con Martin Mystère, ma non sono mancati altri cammei illustri) e collane parallele (la più celebre e ormai conclusa, Legs Weaver, è stata la prima della casa editrice dedicata a un personaggio femminile).

D’altronde non serve molto spirito d’osservazione per rendersi conto che la linea editoriale della testata, i suoi trascorsi e i presupposti su cui si basa, si riflettono tutti insieme nella storia stessa, dove si immagina la precarietà di un futuro intinto nel realismo concreto di un passato: le classiche invenzioni “futuribili” tipiche della fantascienza più o meno classica (auto volanti, macchinari poderosi, alieni, viaggi nel cyberspazio) non fanno venir meno un approccio che tenta comunque di restituire il senso umano della quotidianità e del dramma. Il punto non è tanto il seguire le imprese di un protagonista pieno di scheletri nell’armadio, padre incapace e uomo vittima di errori commessi in gioventù, quanto il vederlo alle prese con sentimenti e problemi che hanno il sapore di una quotidianità cercata con particolare insistenza: a volte sono gesti semplici come leggere un ibro o comprare un cornetto per la compagna, in altri casi riflessioni più profonde sull’agire come uomo in una società meccanizzata e proteiforme, dove i punti di riferimento sono assenti. Le azioni, insomma, di chi si trova alle prese con un mondo che non vuole essere solo astratto e immaginifico, ma soprattutto credibile nella sua umanità, e se cerca l’assurdo lo fa partendo con i piedi piantati in terra.

Questo espediente, peraltro, rende lo slancio fantastico ancora più apprezzabile tanto più è virato verso l’invenzione più estrema: volendo operare una possibile esemplificazione nel mare magnum di storie fin qui prodotte, si può affermare che Antonio Serra è sicuramente l’autore che più di ogni altro ha portato alle estreme conseguenze questa capacità di volare nell’assurdo, facendo scontrare il protagonista con minacce provenienti dai remoti abissi del tempo passato e futuro; Stefano Vietti, autentico “quarto padre” della testata, subentrato durante il suo cammino editoriale, ne è un po’ il prolungamento, ma ha voluto e saputo imporre una dose di realismo ancora maggiore per controbilanciare in maniera più evidente questo strano equilibrio, forse rendendo il tutto più serioso, ma il suo intervento è avvenuto al momento giusto, quando la testata necessitava di una nuova guida carismatica in grado di passare a una tonalità più dark e di rendere più coesi gli elementi disseminati fino a quel momento. Michele Medda rappresenta invece l’anima più intimista del trio/quartetto, lo sceneggiatore cui si devono le storie più introspettive, laddove Bepi Vigna ha il sapore dello sperimentatore, dal quale traspare azzardo e divertimento per la mescolanza di linguaggi davvero distanti dall’idea originale (come il fumetto umoristico ne Il vendicatore mascherato, numero 49 della serie regolare): chissà, forse è proprio questo suo essere figlio di tanti padri a permettere al concept di reggere la propria natura multiforme con naturalezza, il suo essere variegato seppure unico, come le sue avventure e i nemici-demiurghi che fanno capolino dietro gli intrighi più disparati.

Il tutto ha poi il sapore di un’odissea nella memoria del passato per meglio comprendere il presente e gettare uno sguardo su un futuro intriso in un pessimismo sicuramente derivato dalle strategie congenite del noir, ma che con il passare del tempo ha assunto il sapore di un viaggio all’insegna di un’illusione perduta. In questo senso è molto interessante notare come spesso Nathan Never sia motore inconsapevole (e in buona fede) di eventi drammatici, causati dalla sua voglia di credere in un destino differente, in un finale positivo nonostante gli elementi facciano pensare il contrario, una speranza ottimistica che inevitabilmente viene contraddetta. Il che può essere considerato anche un invito a comprendere come ogni scelta che contraddistingue la vita di ogni uomo sia importante e possa incidere su eventi più grandi: d’altronde non si era forse evidenziato come il presupposto fantastico serva unicamente se proiettato sulla realtà?

Nathan Never sul sito Bonelli
Pagina di Wikipedia su Nathan Never
Nathan Never Forum
Sito dello sceneggiatore Michele Medda
Never Concept Art sul blog del V.O.C. Studio
Sito del disegnatore e copertinista Roberto De Angelis
Sito del disegnatore Max Bertolini
Blog della disegnatrice Patrizia Mandanici
Sito dello sceneggiatore e disegnatore Gigi Simeoni

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