"C'è chi crede in dio o nel denaro. Io credo nel cinema, nel suo potere. L'ho scoperto da ragazzino, mi ha aiutato a fuggire da una realtà in cui ero infelice. È una delle forme d'arte più alte che l'uomo ha concepito. Credo nel suo futuro."
(John Carpenter)

venerdì 11 settembre 2009

Mike dentro e fuori gli schemi

Mike dentro e fuori gli schemi

Meglio evitare qualsiasi forma di ipocrisia e per questo chiarisco subito che la scomparsa di Mike Buongiorno, pur nel rispetto per l’uomo, non mi colpisce se non per il suo significato ideale, ovvero la chiusura di un’epoca. Non che non ci siano stati degli elementi del personaggio che non meritino di essere presi a esempio, tutt’altro: la sua invidiabile voglia di accettare nuove sfide merita anzi di essere ricordata con forza, soprattutto a fronte di una televisione che non sembra aver più voglia di rischiare e tracima con eccessiva facilità nel vuoto più spinto. Ma l’assunto può essere esteso a una intera società e alle generazioni che troppo spesso cedono alla lusinga di credersi vecchi anzitempo, come promulgato dalle dottrine economiche secondo le quali dopo i 30 anni si è già sorpassati.

In questo senso Mike è uno che il denaro lo ha fatto e lo ha fatto vincere, e forse in questo appare come una figura avulsa dallo stesso sebbene perfettamente dentro le logiche di quella tv commerciale che ha contribuito a creare e che poi lo ha così poco elegantemente scaricato (a proposito di ipocrisia, è straordinario notare come i primi a esprimere cordoglio siano proprio quelli che fino a qualche mese fa gli si negavano persino al telefono, come da lui denunciato a Che tempo che fa…).

Il che mi permette una riflessione sul cambiamento dei ruoli e dei generi all’interno di una società che si riflette nella televisione. A una tv di stato che di colpo ha visto ringiovanire i suoi volti, fra ragazze belle e inesperte cui viene affidata (coraggiosamente? con incoscienza?) l’ambita prima serata del sabato sera e mezzibusti dall’occhio ceruleo, così lontani dalla sobrietà funerea di un Paolo Frajese, ciò che manca è, guardacaso, proprio il vecchio Quiz.

Precisiamo: non è che il Quiz sia assente, è sufficiente fare un giro fra i canali per rendersi conto che, anzi, è più presente che non mai, ma ha ormai mutato pelle diventando un ibrido con lo show, ha una struttura che contempla una drammatizzazione (come fa notare Tamara su Pangrattato, il link è in calce), ma stranamente è ridotto al rango di programma-traino, è quasi sempre tenuto fuori dalla prima serata. Il che porta a una singolare domanda: la sobrietà dei Quiz del passato era più “nazional-popolare” della forzatura drammaturgica dei novelli milionari? La fenomenologia (nel senso di “produzione di fenomeni”) che nel passato produceva autentici “mostri” in grado di imparare interi romanzi a memoria manco fossimo nel finale del Fahrenheit 451 di Truffaut fa meno audience di un concorrente che indovina casualmente la risposta fra varie opzioni?

Rapportando questi veloci pensieri alla figura di Mike Bongiorno viene in realtà in mente un’ulteriore contraddizione che peraltro è totalmente interna alla sua figura: quella di un presentatore-creatore di programmi e fenomeni warholiani (secondo la regola aurea dei 15 minuti di notorietà) che alla prova del tempo sono risultati, più che incisivi nell’immaginario, stranamente episodici. Certo, tutti ricordano le masse affezionate a Lascia o Raddoppia o al Rischiatutto (un po’ meno a TeleMike), ma sono programmi relegati, appunto, alle rispettive epoche, che non hanno seminato molto in termini di linguaggio televisivo e la stessa figura di Bongiorno viene ricordata più per le gaffe o i proverbiali motti, che per lo stile della conduzione. Questo perché Mike in fondo era contemporaneamente dentro e fuori la televisione e i suoi stessi programmi, non ostentava la sapienza spesso sbandierata con eccesso da un Pippo Baudo o da un Enzo Tortora, né l’ignoranza (nel senso di chi non conosce le risposte agli argomenti su cui sta interrogando) fiera di un Amadeus. In un certo senso lo si potrebbe definire un “impiegato del Quiz”. E forse proprio questa qualità gli ha permesso di restare “leggero” rispetto a quella tv che aveva creato, quasi duttile seppur stabilmente identificabile e sempre uguale a se stesso. Ma oggi lo rende al contempo così difficile da inquadrare lungo quel percorso che dal presentatore anfitrione, classicamente inteso, ha portato al conduttore-showman dei nuovi Bonolis o Conti. Vien da chiedersi se sia una sua "colpa" o solo il frutto di una televisione che ha smarrito da tempo una sua concretezza.

UPDATE 16/9/09: Segnalo il post di Alessandro Paesano "Parole controcorrente" sul suo blog Paesanini Land, insieme alla breve ma bella discussione scaturita nei commenti, che ritengo integrino a perfezione il pensiero parzialmente espresso in questo mio Crossroad. Ho aggiunto il link in calce.

Pangrattato: Ahi ahi ahi…
Paesanini Land: Parole controcorrente
Mike Bongiorno su Wikipedia

2 commenti:

Alberto Di Felice ha detto...

Neanch'io posso dirmi colpito: se ne va un uomo che ha avuto splendidi anni formativi, la fortuna di fare da veicolo nel momento storico giusto, e che da lì in poi ha sostanzialmente avuto tutto, pur prendendosi qualche "rischio" professionale che pur sembra robetta rispetto a quelli che al giorno d'oggi qualsiasi suo collega è costretto a fare ogni due o tre anni, se gli va bene.

Mi ha rattristato enormemente, poi, l'ipocrisia della quale anche tu parli: purtroppo il simpatico Mike se n'è andato in un momento in cui l'uomo del quale si era quasi innamorato e quasi tutto il suo entourage si sono sputtanati oltre ogni proverbiale e già acclarata mancanza di decenza. Una cosa, umanamente, molto triste.

I funerali di stato sono ingiustificabili, così come il fatto che per due giorni di fila si sian fatte intere mezze ore di telegiornali praticamente dedicate solo a lui.

Angelo Moroni ha detto...

Ciao Rodan. Grazie della mail, cui ho risposto su HM. Adesso che abbiamo scoperto che abbiamo entrambi un blog, leggeremo e commenteremo. Bene. A presto.:)