"C'è chi crede in dio o nel denaro. Io credo nel cinema, nel suo potere. L'ho scoperto da ragazzino, mi ha aiutato a fuggire da una realtà in cui ero infelice. È una delle forme d'arte più alte che l'uomo ha concepito. Credo nel suo futuro."
(John Carpenter)

sabato 12 giugno 2010

Street Fighter VS Mortal Kombat

Street Fighter VS Mortal Kombat

Quando, alcuni mesi fa, ho postato qui sul Nido il mio articolo di presentazione dell’etichetta fan-film, ancora la contaminazione fra questo fenomeno e il circuito “ufficiale” del cinema non era arrivata ai livelli decisamente più marcati che vediamo in queste settimane. Tutto parte (e torna) a un concetto tanto aleatorio quanto chiamato in causa insistentemente: la fedeltà delle pellicole alla fonte originale (che sia essa un fumetto, un libro o un altro film).

Quello della fedeltà - che spesso vuol dire trasposizione pedissequa - è una caratteristica tipica del fan-film e, nell’era di internet, è diventato pure un elemento preponderante nella dinamica che spinge le major hollywoodiane a realizzare prodotti mainstream in grado di interessare un pubblico di appassionati ben definito. Infatti, per sua natura, il fan-film antepone la riconoscibilità e l’iconografia di personaggi, luoghi e mezzi alla narrazione stessa: spesso e volentieri gli short che prendiamo in considerazione sono nulla più che meri ricalchi di vignette o sequenze anche slegate tra loro, perché il gioco che interessa non è tanto quello del “raccontare” una storia, quanto di (ri)mettere in scena un universo già noto attraverso linguaggi differenti. La dinamica di cui sopra è a doppio senso: le major vogliono raccogliere consensi tra i fans, mentre questi ultimi si sentono depositari della reale sostanza delle storie da cui Hollywood attinge e, attraverso la Rete, fanno sentire la loro voce con forza. Spesso e volentieri sentiamo ormai registi ammettere di essere dei “fan” piuttosto che degli autori e i risultati più radicali portano a pellicole come Watchmen, dove la linea di confine reale tra il prodotto hollywoodiano ufficiale e il mero fan-film diventa difficile da tracciare.

Ho impiegato molto tempo per poter essere il più fedele possibile, dai dettagli dei costumi alla colonna sonora e, ovviamente, alle super mosse!” (Joey Ansah)

Sono sempre stato immerso nella cultura fanboy” (Kevin Tancharoen)

Il discorso si complica ancora di più quando vediamo che il fan-film stesso diventa parte in causa nel processo di produzione cinematografica, spingendosi al punto di voler “dimostrare” come dovrebbe essere una trasposizione perfetta, magari per fungere da incentivo alle major. Nelle ultime settimane sono stati due celebri videogame a fornire elementi a questa tesi. Mi riferisco a Street Fighter II (1991) e Mortal Kombat (1992), trasposti nei due cortometraggi Street Fighter: Legacy e Mortal Kombat: Rebirth.

In entrambi i casi ci troviamo di fronte a due giochi da sala con già due decenni sulle spalle, che in realtà sono da tempo all’origine di un fenomeno transmediale che ha dato vita a fumetti, opere animate e anche film cinematografici: se lo Street Fighter – Sfida Finale (1994) di Steven E. De Souza è ricordato, a ragione, come uno dei peggiori blockbuster degli ultimi decenni e il suo non-sequel Street Fighter: The Legend of Chun Li (2009) è stato praticamente ignorato, apparentemente un po’meglio è andata con Mortal Kombat che nel 1995 ha visto la storia trasposta in un divertito ricalco de I tre dell’Operazione Drago non privo di una sua efficacia spettacolare. Il seguito Mortal Kombat: Distruzione totale (1997) ha però esaurito in fretta il credito raccolto dal capostipite, e tutto si è fermato qui.


Street Fighter: Legacy arriva quindi in un momento di rinnovamento, dovuto all’uscita del nuovo videogame Street Fighter IV, che ha rilanciato il franchise. Lo stuntman e maestro d’arti marziali Joey Ansah si è fatto carico di dirigere un fan-film “fedele allo spirito originale”, che rimediasse ai torti commessi dalle trasposizioni ufficiali e quindi potesse guardare alle stesse da pari a pari (ma ovviamente con un risultato finale migliore). In ragione di ciò i nomi coinvolti nel progetto sono stati prestigiosi, la produzione è di Anthony Wave, che ha lavorato alla saga di James Bond e gli effetti speciali sono curati dalla Prime Focus (all’opra di recente sul Robin Hood di Ridley Scott).

Al momento è stato diffuso unicamente un trailer che mostra il combattimento fra Ryu e Ken, i due protagonisti della saga. La resa, curiosamente ma non troppo, è a metà strada fra il prodotto professionale e quello amatoriale: l’insieme infatti è generalmente molto curato, ma l’impatto visivo è ben distante dal kolossal “riparatore” promesso e appare naturalmente “costretto” in una narrazione di corto respiro mirata a riprodurre una serie di elementi iconici (posture, gesti e costumi) che chiariscono immediatamente come il perimetro dell’operazione sia la cerchia dei soli fans e null’altro. La regia curiosamente indugia in ralenti che spezzano la linearità dell’azione, sezionando gli attacchi e depotenziandoli in una serie di movimenti enfatici un po’ stucchevoli. Il risultato appare pertanto un po’ asettico.

Quello del ralenti è un elemento che ritroviamo anche in Mortal Kombat: Rebirth, diretto da Kevin Tancharoen, già regista del recente remake di Saranno famosi, che mette in scena un interrogatorio in una stazione di Polizia, sorta di preambolo a un possibile film che ricominci la saga cinematografica. Pochi attori, ambientazione quasi esclusivamente in interni, flashback documentaristici, fotografia patinata ma che non risparmia particolari estremamente fisici e in grado di suscitare la reazione emotiva dello spettatore. L’ammiccamento ai desideri del fan stavolta è meno diretto, e relegato ad alcuni elementi centellinati con cura: non potrebbe essere diversamente, d’altronde, poiché tecnicamente questo non è un vero e proprio fan-film (quale è Street Fighter: Legacy), ma un Promo-Reel, per un film che probabilmente verrà realizzato davvero, ma che anche in questo caso vuole porsi come “appassionato” e migliorativo dei predecessori, portando in scena una versione particolarmente violenta della storia. In entrambi i casi è evidente il rapporto di filiazione diretta non soltanto dal modello originale (il videogame), ma anche da altri esempi cinematografici recenti, che servano a stabilire il tono e l’indirizzo della pellicola. In particolare tutti e due i corti, per l’uso del già citato ralenti, sembrano guardare proprio a Zack Snyder, regista di Watchmen, mentre Mortal Kombat ammicca anche alle pellicole di Michael Bay (l’inquadratura iniziale con gli elicotteri) e alle produzioni di Jerry Bruckheimer (in particolare le serie di CSI).

In tutti i casi la visione è alquanto straniante perché, alla dinamica classica (e divertente) del fan-film, si accompagna un’inquietante sensazione di sconfinamento nei territori del cinema ufficiale che dovrebbero restare distinti. Un’opera è infatti creatura viva e pulsante di temi, storie ed emozioni, non soltanto un universo da riprodurre in maniera pedissequa. Il rapporto con opere preesistenti deve quindi essere articolato su una dialettica critica e costruttiva, non sul mero ricalco in odore di conservatorismo. Aspettiamo insomma di vedere se questi semi germoglieranno o se, come è auspicabile, si tratta di fenomeni isolati.

1 commento:

Anonimo ha detto...

giusto ieri sera ho rivisto Street fighter sfida finale, è vero che si tratta di uno dei blockbuster piu cazzari di sempre, ma è anche uno di quei filmetti che -almeno per me- non stanchi mai di vedere per farti due risate, meglio se in compagnia, insomma a suo modo un cult generazionale, che riesce in demenzialità che nemmeno Commando, e questo è un punto in piu nel regno della serie B! XD

I due promo-film sono molto interessanti, cosi come è interessante il discorso che hai messo su, nello specifico sono rimasto molto colpito dal nuovo Mortal Kombat, un corto eccezionale, perfetta l'atmosfera, la contaminazione di genere e la riscrittura moderna in versione piu urbana dei personaggi iconici della saga, via il camp, spazio al darkside! Idea forte e tagliente, è un qualcosa di nuovo!
Sul discorso cinema, ibridi, fanfilm e quant'altro, ci sarebbe da parlarne a lungo, i tempi che viviamo oggi hanno ampliato il concetto di cinema e oggi chiunque si puo dire filmaker -occhio che non ho detto autore-, grazie a internet e a canali come youtube, questo non è un male, è chiaro che dipende da che occhio lo si guardi, ma se alla base ci sono gli elementi primordiali del buon cinema come: buona volonta, equilibrio nella messa in scena, briosa fantasia nella gestione di budget ridotti, passabile gestione degli attori e una messa in scena degna, allora il risultato non sarà disprezzabile, è il caso del fan film di Metal Gear Solid (girato qui in italia, un vero e proprio miracolo visivo) che ha ridefinito ancora di piu determinati standard, la rete è arrivata prima delle major e giovani indipendenti hanno dimostrato piu passione di registi avviati e dall'incasso facile, questo alla base è uno spirito cinematografico, al contrario il film cosplay che non va oltre il puro esibizionismo d'avanti alla camera e dunque con il cinema non ha niente a che vedere.
Quindi se alla base, si riesce comunque a creare, prendendo spunto -sopratutto- da mitologie gia avviate ben venga, ovviamente il divario resterà tra i due mezzi, ma ricordiamoci che il cinema è una pop art, tale abbraccia ogni modello di espressione pop, prendendo il piu delle volte vita, da idee non sue.

ancora complimenti, per l'interessante analisi ;)