"C'è chi crede in dio o nel denaro. Io credo nel cinema, nel suo potere. L'ho scoperto da ragazzino, mi ha aiutato a fuggire da una realtà in cui ero infelice. È una delle forme d'arte più alte che l'uomo ha concepito. Credo nel suo futuro."
(John Carpenter)

lunedì 23 agosto 2010

Splice

Splice

Clive Nicoli ed Elsa Kast sono due giovani e ambiziosi ricercatori impiegati nell’ambito dell’ingegneria genetica. Impegnati nella ricerca di nuove forme di vita che possano fornire elementi utili a debellare alcune gravi malattie, i due danno vita a una misteriosa creatura che unisce DNA umano e animale. Nasce così Dren, con la quale Elsa instaura un ruolo quasi materno, mentre Clive sembra quello più consapevole dei limiti etici che l’esperimento ha inevitabilmente valicato, ma non riesce a opporsi alla compagna.

Si erano perse le tracce di Vincenzo Natali, rivelatosi ormai 13 anni fa con il sorprendente Cube e poi rimasto nel limbo dei non distribuiti finché l’estate 2010 ha portato al recupero di questo Splice, realizzato nel 2008 e poi curiosamente rimasto “congelato”. Un progetto ambizioso, la cui gestazione ha richiesto almeno un decennio e che è stato subito paragonato a certe opere del primo David Cronenberg, in realtà più che altro per rimarcarne i limiti, in ossequio a una fastidiosa tendenza critica.

In effetti l’eco cronenberghiana si avverte nel recupero di una cifra corporale che trova consistenza nella creatura attorno alla quale ruota l’intera vicenda, fatto che però rischia di ricondurre tutto a un tardo cascame anni Ottanta, distante da un presente che, al contrario, continua invece a interiorizzare i traumi provocati da una ingegneria genetica che fa passi da gigante, senza però elaborarli più. In questo senso Dren costituisce sicuramente l’evoluzione di un modello che sin dai primi passi evolve la mostruosità insita nella placenta di Brood o nell’indimenticabile Mosca, per porsi come nuovo possibile approdo in grado di affascinare con la sua natura ora infantile, ora sensuale. Se, insomma, la dinamica interna alla coppia è sicuramente connotata secondo il caratteristico triangolo che chiama in causa dinamiche psicanalitiche, l’elemento di novità è costituito dal fatto che il gioco stavolta si allarga allo spettatore, in precedenza lasciato invece nella posizione dell’occhio raziocinante, unico capace di distinguere la mostruosità di quanto elaborato sullo schermo.

D’altra parte, e qui il parallelo con Cronenberg è ancora più calzante, il punto non sta tanto nel demonizzare la creazione quanto nel comprenderla all’interno di un quadro che chiama in causa l’evoluzione umana e le sue reazioni di fronte al “diverso”. In questo modo il triangolo Clive/Elsa/Dren diventa un quadrilatero che chiama in causa lo spettatore e ispessisce i termini di un rapporto già complesso per la capacità della storia di partire dal particolare per poi scavare nel passato dei protagonisti fino a intrecciare le proprie dinamiche con fobie dal sapore più universale. Ecco dunque che la storia lascia emergere sottotraccia una pulsione disgregante che riflette l’incomunicabilità fra i sessi: il rapporto fra Elsa e Clive, infatti, è connotato nel senso della totale incompiutezza, laddove lei sente mancarle un termine di paragone che possa realizzarla come donna e madre, ma anche come perpetuatrice delle dinamiche vessatrici di cui era stata vittima nell’infanzia. Il suo rapporto con Dren, dunque, evolve lungo le direttrici di amore/odio, attraverso la protezione della creatura, ma anche la sua punizione quando ella disubbidisce agli ordini che le vengono impartiti.

Clive, dal canto suo, stante la sua pretesa figura raziocinante all’interno della coppia (è l’elemento prudente del duo, quello che si pone degli interrogativi sull’esperimento in corso), è in realtà un elemento caratterizzato da profonda debolezza, incapace di resistere alle pulsioni eterodirette e diventa in tal modo succube tanto del decisionismo di Elsa quanto del fascino di Dren.

Natali dunque prosegue un percorso iniziato con Cube, che ponga i risultati più paradossali raggiungibili dalla tecnologia come punto di snodo per l’analisi dei meccanismi umani: i suoi protagonisti sono cavie in un labirinto che è entità vivente e agente di sensazioni e emozioni che incidono direttamente sulla psiche e sul corpo dei prigionieri. In questo senso Dren diventa naturalmente il personaggio più interessante del film, poiché, dopo aver fatto propria la problematicità dei suoi genitori di cui è stimolatrice e causa, rovescia poi i termini del rapporto ponendosi come seduttrice dell’uomo e inseminatrice della donna, adottando quindi un ruolo di primo piano che ne sancisca la natura di specie che intende legittimare la propria essenza.

Tutto questo naturalmente porta a completamento la sua definizione e rende pertinenti le sensazioni ambivalenti suscitate nello spettatore, affascinato dalla sua sensualità, ma anche spiazzato dalla violenza di certe sue azioni, che equivalgono ai suoi cambiamenti nel corso della storia. Figurativamente Dren diventa quindi una sorta di punto di contatto fra le mostruosità cronenberghiane (ma nel mucchio andrebbe inserito anche lo pseudopode del bellissimo Possession, di Andrzej Zulawski), la Creatura di Jeepers Creepers e quel certo tono algido e affascinante tipico dei Precog di Minority Report: tutti film che, chi più chi meno, intrecciano non a caso pure temi personali, riflessioni sui confini fra etica e progresso, e pulsioni fisiche che si riflettono nei traumi dei protagonisti.

Un esempio di fantascienza virtuosa, insomma, ben sorretta da una fotografia metallica e da una prevalenza d’interni che favorisce l’immedesimazione e le dinamiche narrative del dramma da camera. Nota di merito infine per il cast, che annovera il sempre più versatile Adrien Brody, la sempre ottima Sarah Polley (in grado di trasmettere bene il passaggio dalla fragilità alla nevrosi) e, naturalmente, l’eccellente Delphine Chanéac, che non soccombe al makeup e ai doppi digitali per dare invece piena vita al personaggio di Dren.

Splice
(id.)
Regia: Vincenzo Natali
Sceneggiatura: Vincenzo Natali, Antoinette Terry Bryant, Doug Taylor
Origine: Canada/Francia, 2008
Durata: 104’

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