"C'è chi crede in dio o nel denaro. Io credo nel cinema, nel suo potere. L'ho scoperto da ragazzino, mi ha aiutato a fuggire da una realtà in cui ero infelice. È una delle forme d'arte più alte che l'uomo ha concepito. Credo nel suo futuro."
(John Carpenter)

mercoledì 30 novembre 2011

Torino 2011: Day 5

Torino 2011: Day 5

Da sempre nel Torino Film Festival il momento della riscoperta è pari in importanza (se non addirittura superiore) a quello della scoperta tout-court, prova ne sia il ruolo sempre essenziale delle retrospettive. Nella quinta giornata questo doppio registro novità/memoria è diventato suo malgrado la traccia delle opere visionate. L'inizio è per Bereavement, opera quasi “autarchica” per come il regista Steven Meka si è arrogato quasi tutti i compiti (è sceneggiatore, produttore, montatore, autore delle musiche e degli effetti sonori nonché regista della seconda unità!). Si tratta di un horror ambientato negli anni Ottanta e che risponde a certe regole del non dimenticato survivalism, quel filone “cattivo” tipico dei decenni passati con assassini con un debole per la macellazione e donne in pericolo. Qui la dicotomia è complicata da un bambino che viene rapito dal killer di turno e “iniziato” alla violenza, in un percorso di formazione che alla fine non lascerà superstiti sul campo. L'incedere un po' disordinato e la regia che indulge nel manierismo sono i punti deboli di un'opera che però stupisce dal versante della durezza dei toni. Bello il cast, con i redividi Michael Biehn e John Savage, affiancati dalla bellissima Alexandra Daddario. Gli anni Ottanta si ritrovano anche nel bel Jess + Moss, evento congiunto di “Festa mobile” e “Onde”, che racconta l'estate di due giovani cugini (lei 18 anni, lui 12): i due esplorano l'ormai fatiscente casa dove era vissuta la famiglia di lei, e tale esperienza diventa un'avventura che dalle palpitazioni del presente giunge a un rapporto di confronto (e anche fascinazione) con il passato. Il regista Clay Jeter è molto bravo nell'elaborare visivamente i vari spunti, offrendoci un'opera affascinante e capace di rendere gli stati d'animo dei personaggi e i loro sentimenti contrastati attraverso gli splendidi scenari del Kentucky. Si va infine nel classico vero e proprio con due riproposte come Il mattatore di Dino Risi (nell'ambito dell'omaggio a Dorian Gray, scomparsa qualche mese fa) e il bellissimo Radio America, ultimo capolavoro di Robert Altman. Risi ci ricorda che in fondo l'italietta truffaldina del passato era già molto simile a quella che (con molta meno simpatia di quanto non susciti il grugno mascalzone di Vittorio Gassman) domina oggi le cronache; Altman invece compone il suo personale canto del cigno su una trasmissione radiofonica, ammantando la vicenda di un latente senso di morte che però proprio nella sua ora più oscura diventa specchio di una trascinante vitalità, e di un'ironia che corre sottotraccia regalandoci un film divertito e commovente. Nostalgia senza passatismi, insomma, come dovrebbe essere sempre nel cinema che vale la pena scoprire e riscoprire.

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