"C'è chi crede in dio o nel denaro. Io credo nel cinema, nel suo potere. L'ho scoperto da ragazzino, mi ha aiutato a fuggire da una realtà in cui ero infelice. È una delle forme d'arte più alte che l'uomo ha concepito. Credo nel suo futuro."
(John Carpenter)

sabato 3 dicembre 2011

Torino 2011: Day 8

Torino 2011: Day 8

Chi frequenta i festival di cinema sa bene che un film a sorpresa spesso può non essere veramente tale, ma quando è arrivata la notizia che Torino tirava fuori dal cilindro nientemeno che l'ultimo, attesissimo, Twixt di Francis Ford Coppola il pensiero è stato unanime: stavolta la sorpresa si può dire riuscita! Ed è addirittura doppia se consideriamo che il risultato è oltremodo spiazzante per come si distanzia dalle recenti sperimentazioni del regista americano: la vicenda è minimale, incentrata su uno scrittore horror in un paesello americano dove è stato compiuto un fatto di sangue che diventa l'ispirazione per il suo nuovo romanzo. Netto è anche l'avvicinamento – o meglio il ritorno, considerando i primi passi alla factory di Roger Corman – a un genere puro come, appunto, l'horror, con tanto di vampiri, realtà oniricamente disturbate e disturbanti, una presenza femminile fantasmatica (la brava Elle Fanning) e nientemeno che Edgar Allan Poe, novello Virgilio nei deliri onirici del protagonista, in bilico fra passato e presente in un luogo che sembra essere, per l'appunto, fuori dal tempo. Coppola è sempre più un regista che ama sperimentare, e sfrutta il genere per intessere un gioco di scatole cinesi fra realtà, finzione e demistificazione, lavorando sui contrasti fra bianconero e colore (con giochi a volte molto raffinati) e fra immagine digitale e inserti 3D. Il risultato è sicuramente curioso e coerente con la poetica dell'autore, ma il tutto risulta un po' freddo e meno entusiasmante del solito. Il lavoro del grande regista americano si iscrive fra due film curiosamente tangenti tra loro e che rinunciano a ogni possibile deriva fantastica in favore di un tema quantomai realista, quello del cancro. In 50/50, di Jonathan Levine, presentato nel Concorso Lungometraggi, un ragazzo (l'ottimo Joseph Gordon Levitt, che si conferma fra i migliori interpreti sulla scena contemporanea) scopre infatti di essere afflitto dal terribile male e lo affronta insieme a una sorta di “corte dei miracoli” formata dall'amico egoista, dalla fidanzata fedigrafa e dalla madre iperprotettiva. La confezione guarda alla neo commedia contemporanea, legame stabilito anche dalla presenza di Seth Rogen, ma il tono è insolitamente malinconico e empatico nei confronti del dramma del protagonista, e lascia che la risata si stemperi nel dramma rinunciando a pietismi e eccessi ridanciani per comporre un affresco sincero e che sembra costituire una sorta di possibile evoluzione “intimista” del genere. La distribuzione italiana è della Eagle Pictures. A questo risponde Sion Sono con Chanto Tsutaeru/Be Sure to Share, dove il male colpisce un ex allenatore di calcio e costringe il figlio a tentare di recuperare il tempo perduto con lui. Il ragazzo peraltro si scopre anch'egli afflitto dallo stesso male, in una chiara metafora della condivisione che diventa finalmente la traccia portante di un film liberatorio e dedicato alla memoria del padre del regista: se nelle altre pellicole viste al festival, infatti, Sono ha sempre preferito raccontare la tragedia di un popolo costretto a non poter vivere in prima persona i propri drammi perché schiacciato dal peso delle convenzioni che incasellano in ruoli e comportamenti predefiniti, stavolta i personaggi possono compiere un percorso di evoluzione il cui approdo è la necessità di condividere i pensieri, le emozioni e i problemi. Il regista sfrutta ancora una volta il suo consueto gusto per l'estremo, confinato però a una sola sequenza in cui il figlio “rapisce” il cadavere del padre per portarlo a pescare come gli aveva promesso: un momento pure grottesco, ma che rappresenta un autentico gesto di volontà contrario a ogni convenzione (anche filmica) e che apre il film alla svolta, simboleggiata dal rapporto fra il ragazzo e la sua promessa sposa per la scelta che condizionerà il prosieguo delle loro vite. Un gioiello da recuperare a tutti i costi e il film in assoluto più spiazzante del regista: un'altra sorpresa riuscita, insomma.

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