"C'è chi crede in dio o nel denaro. Io credo nel cinema, nel suo potere. L'ho scoperto da ragazzino, mi ha aiutato a fuggire da una realtà in cui ero infelice. È una delle forme d'arte più alte che l'uomo ha concepito. Credo nel suo futuro."
(John Carpenter)

domenica 22 aprile 2012

Lecce 2012: Last Day

Lecce 2012: Last Day

Si spengono le luci sul palco del cinema Massimo e il festival del cinema europeo saluta il suo pubblico con un bilancio positivo ma non entusiasmante. Certo, il fatto che la scelta dei due omaggi a Sergio Castellitto e Emir Kusturica fosse già in partenza poco esaltante è un parere del tutto soggettivo, ma anche il concorso non ha brillato per intensità e in alcuni casi è parso un po' inerziale. Per fortuna la carta migliore è stata calata proprio nella giornata finale, con il bel film russo Bedouin, diretto da Igor Voloshin e, soprattutto, gratificato dall'eccellente performance di Olga Simonova (vincitrice anche del premio del Sindacato Giornalisti Cinematografici come migliore attrice). E' la storia di una donna che accetta una maternità surrogata per guadagnare il denaro necessario a salvare la figlia malata di leucemia. Così si trasferisce dall'Ucraina a San Pietroburgo, dove viene a contatto con realtà difficili e situazioni estreme. Ma il bello è che la storia, seppur raccontata con attenzione al dramma umano della protagonista, è sostanzialmente un noir, simile in alcuni aspetti ai primi film di Nicolas Winding Refn, per come i sentimenti sono esplorati attraverso le azioni e il contesto, tanto che il regista giustamente lo definisce un “Action Drama”. Tutta l'ultima parte è poi dedicata al viaggio finale della speranza in Giordania, dove il tono diventa più intimista e regala i momenti più toccanti. Un piccolo gioiello, che speriamo sia distribuito largamente.
Meno intrigante, ma comunque non privo di un suo fascino è invece lo svedese Happy End, con varie storie intrecciate che, a dispetto del titolo, convergono verso un esito decisamente poco ameno. Si chiude infine con l'ultimo appuntamento dedicato a Ken Russel, e il divertente Whore (1991), con Theresa Russel mattatrice di un racconto metropolitano che permette al regista di immergere finalmente nel reale le sue storie finora rimaste sempre confinate in spazi ben definiti, lavorando dunque in maniera più accentuata sulla dualità di tono fra fatti drammatici e un registro più sfacciatamente ironico. Un film che per questo rappresenta una degna quadratura del cerchio per il bell'omaggio leccese: unica nota di demerito a questo proposito, il fatto che tutte le opere siano state proposte in versione doppiata e non sottotitolata.

Infine un veloce sguardo ai premi: l'Ulivo d'Oro per il miglior lungometraggio è stato assegnato al norvegese Oslo 31st August, di cui ho già scritto, mentre molti riconoscimenti collaterali sono andati all'italiano Vacuum, di Giorgio Cugno. Nei prossimi giorni su Sentieri Selvaggi sarà possibile leggere due miei ulteriori interventi dedicati al festival, uno più generico sull'evento e l'altro sulla figura di Ken Russel, entrambi saranno poi linkati anche qui.

sabato 21 aprile 2012

Lecce 2012: Day 4

Lecce 2012: Day 4

Passata la boa della metà festival, inizia la volata verso il gran finale e fanno capolino anche gli ospiti “maggiori”. Virgolette d'obbligo perché in fondo si potrebbe obiettare che quando hai visto sfilare Terry Gilliam ci sia poco d'aggiungere, quindi meglio precisare che si tratta degli ospiti che fanno capo ai due appuntamenti retrospettivi più centrali nel programma: l'omaggio a Emik Kusturica vede infatti il regista balcanico impegnato in un incontro pubblico con Nichi Vendola e in un concerto con la sua band; la sezione “Protagonisti del cinema italiano” risponde invece con Sergio Castellitto e la moglie Margaret Mazzantini, pure protagonisti di alcuni incontri pubblici. E i film? Sono sempre loro al centro dei nostri pensieri e questa giornata vede il concorso lungometraggi esplorare nuove storie dalla Germania e dalla Spagna.
Nel primo caso abbiamo Uber uns das all/Above Us Only Sky, di Jan Schonburg, racconto della perdita che una giovane donna deve affrontare quando l'amato marito si suicida e sembra poi rivivere in un altro conoscente. Un dramma che diventa quasi un racconto di fantasmi, con la protagonista che per riuscire a tirare le fila della propria esistenza deve accettare l'idea che essa sia un completo inganno: la morte dell'uomo ha infatti portato alla luce dei segreti che fanno capire alla donna quanto non conoscesse in realtà l'amato. E dunque in una realtà fatta di inganni solo una relazione costruita sull'invenzione può forse dare una via d'uscita. Perciò il nuovo compagno accetta un nome finto, finge di avere con lei una figlia in realtà inesistente e via citando. Interessante nello spunto, ma la messinscena non elabora fino in fondo le possibilità offerte da una simile traccia, accontentandosi di uno svolgimento abbastanza lineare. Che è poi lo stesso difetto imputabile anche a Don't Be Afraid (ma in spagnolo è molto più evocativo, No tengas miedo), di Montxo Armendariz, racconto di una ragazza che ha subito violenza sessuale da parte del padre sin dalla più tenera età. Anche in questo caso un tema potente e straziante è trattato con eccessiva linearità, quasi a fini meramente “didattici” sul problema. Di buono c'è che Armendariz tratta comunque la vicenda con sensibilità, dribblando tanto le possibili morbosità, quanto i manierismi di rito e dunque – se artisticamente l'insieme lascia qualche riserva – il film riesce comunque a trovare una sua strada verso il pubblico.
Come sempre bisogna poi rivolgersi al passato per qualche piccola folgorazione: l'ormai irrinunciabile appuntamento odierno con Ken Russel ci porta al 1988 de L'ultima Salomé, rivisitazione metanarrativa dell'opera teatrale di Oscar Wilde, portata in scena con piglio genialmente provocatorio, ma di quella provocazione che non è voglia di stupire a ogni costo, quanto desiderio di trasmettere un afflato di libertà e creatività, che rende il tutto caotico nell'insieme degli elementi, ma perfettamente ordinato nella sua ricomposizione finale. Ancora più gustoso è però lo sloveno Ekspres, Ekspres, che nel 1997 ha impresso un'accelerazione all'industria cinematografica del suo paese, aprendo una nuova fase. Immaginate Jacques Tati che decide di raccontare la storia dei viaggiatori di un treno (viene in mente un possibile ibrido fra le avventure del grande autore francese e il documentario di Pietro Marcello Il passaggio della linea, che illustrava le storie dei viaggiatori sui convogli ferroviari): un film delicato e gustosissimo, fatto di personaggi teneramente surreali e grande tenerezza nei confronti delle storie narrate: un autentico fiore all'occhiello della sezione “Cinema Euromediterraneo - Settimana del cinema sloveno”, che ci ricorda anche una grave mancanza della nostra distribuzione, rea di non averlo proposto nelle sale italiane. Meno male che ci sono i festival!

venerdì 20 aprile 2012

Lecce 2012: Day 3

Lecce 2012: Day 3

Ricominciamo da Napoli perché la giornata si apre nel segno del più gradito degli incontri stampa, quello con il geniale Terry Gilliam, che ci racconta il suo ultimo cortometraggio realizzato nel capoluogo partenopeo e il suo rapporto con la commedia dell'arte (a breve la trascrizione sarà online su Sentieri Selvaggi e sarà linkata anche qui). 
Il rapporto fra tradizione e modernità che Napoli incarna così bene è in fondo lo stesso che muove Gilliam, alfiere di un cinema visionario ma che predilige un approccio materico, che parta dal reale per elaborarlo in chiave fantastica. Siamo perciò in un territorio molto vicino a quello che genera le visioni di Ken Russell: l'omaggio al compianto regista britannico oggi spara peraltro ben due cartucce, a iniziare dal magnifico Tommy, che rinnova il piacere dell'autore per figure dal sapore messianico. 
Sebbene meno intrigante sul piano formale è però più gradita la riscoperta di Gothic, film poco visto, dimenticato e che ci consegna un horror a tinte oniriche, basato sulla celebre notte a Villa Diodati di Percy e Mary Shelley, ospiti di Lord Byron e che fece fermentare l'idea di Frankenstein. La compagnia si barcamena fra una tensione al trascendente e i fantasmi evocati dalle loro paure, in una struttura dall'impianto teatrale in cui si aprono visioni inquiete e capaci di smuovere il ritmo, regalandoci un'opera composita e affascinante. 
Il contrario di quanto accade a Caterina va in città di Paolo Virzì, insomma, proiettato per l'omaggio a Sergio Castellitto, che nelle stesse ore si prodigava nel suo primo incontro pubblico (avremo modo di tornarci nei prossimi giorni). Virzì è un autore in perenne oscillazione fra uno sguardo empatico verso i suoi personaggi e la tendenza assolutamente opposta a sfruttarli come macchiette di uno schema enfatico e qualunquista: nel caso specifico vince la seconda opzione e anche lo sguardo verso la città evocata sin dal titolo è antitetico a quello che sarebbe stato auspicabile. Napoli batte Roma, insomma, in una dialettica tutta interna al cinema del passato. Per le novità ci aggiorniamo a domani.

giovedì 19 aprile 2012

Lecce 2012: Day 2

Lecce 2012: Day 2

Dal tempo passiamo agli spazi: banalmente, verrebbe da precisare, quelli che si attraversano per raggiungere il cinema e le sale di proiezione. In realtà è una cosa meno scontata di quanto non sembri, perché il multisala Massimo che dal 2011 accoglie il festival è una specie di raffigurazione alla Escher, piena di scale, cubicoli, passaggi labirintici che trasmettono l'idea di una sorta di rompicapo, dove il film te lo devi letteralmente “guadagnare” attraverso la ricerca della sala. Se a questo aggiungiamo la scellerata idea di sottoporre la sbigliettatura all'incivile rituale del posto numerato (con il rischio dunque di vedersi scalzare da chi ha il biglietto con il numero del tuo sedile), il gioco si moltiplica. Ma gli spazi sono prima di tutto quelli che connotano le storie sullo schermo. Ad esempio quelli delle varie location che, sui titoli di testa, aprono il preannunciato evento Un burattino di nome Pinocchio, di Giuliano Cenci, realizzato nel 1971 e ora splendidamente restaurato: una versione italica e molto fedele al testo di Collodi, con animazione in rotoscope e disegni antidisneyani, ma comunque capaci di restituire un'aura fiabesca e un fascino d'antan grazie alla voce narrante di Renato Rascel. Chissà che Lou Scheimer non lo abbia visto, perché l'impianto visivo è molto simile a quello che qualche anno dopo ha reso celebre la sua Filmation.
Uno spazio decisamente chiuso è quello che invece raccoglie i protagonisti di Kuma, bella pellicola austriaca in concorso, diretta da un regista curdo e incentrata su una famiglia turca. La giovane Ayse lascia il suo villaggio e si integra in una famiglia governata da una madre-padrona che vede in lei la persona cui affidare il destino dei figli (la donna è infatti malata di cancro). Ma la vita arriva a chiedere il conto, sotto forma di un amore improvviso e clandestino che spariglia le carte. Un dramma familiare raccontato con partecipazione e capace di elaborare i percorsi umani di un gruppo che è un piccolo mondo con le sue rivalità, le gelosie, i segreti, i drammi nascosti e un difficile confronto con il mondo "di fuori" e le apparenze ad esso collegate. Folgorante la splendida protagonista Begum Akkaya, capace di esprimere a meraviglia il passaggio da persona fragile, sperduta e in cerca di collocazione, a giovane donna che scopre i richiami dell'amore e la propria sensualità.
Mutevoli sono invece gli spazi de La perdizione, di Ken Russell, che nel 1974 racchiude i luoghi della vita del compositore Gustav Mahler fra le anguste pareti di uno scompartimento di un treno. Opera ancora una volta eccessiva e rutilante, seppur già in odore di maniera, ma comunque capace di slanci lirici e di una forza panica che fa pensare al Malick di Tree of Life con qualche decennio d'anticipo: una dimostrazione di come si possa fare un biopic pur mantenendo una cifra immaginifica e non priva di punte ironiche. Infine lo spazio magmatico per eccellenza, quello di Napoli, il più grande regalo che l'uomo abbia fatto al mondo per come riesce a includere molteplici universi in un'unica città. E' la Napoli di Enzo Gragnaniello, protagonista del ritratto Radici, realizzato da Carlo Luglio, e del bellissimo concerto collegato. Un'espressione di un'arte e di una musica che si ritrova nel viaggio lungo i luoghi più caratteristici, spesso alieni e magici, dell'area partenopea.

mercoledì 18 aprile 2012

Lecce 2012: Day 1

Lecce 2012: Day 1

Partiamo dal tempo: quello fra una proiezione e l'altra, quando spesso si decide “in corsa” cosa vedere, anche perché si ha la fortuna di non dover sottostare all'estenuante rito della sbigliettatura (perché una cosa che non cambia mai è il tempo d'attesa infinito alle casse). Ma anche il tempo che di solito si cerca di ritagliare qua e là per poter buttare giù due righe come in questo caso. Per fortuna a Lecce di tempo ce n'è abbastanza, non è uno di quei festival bulimici dove rincorri i film con il fiatone. Il tempo poi è quello atmosferico, pazzo, incontrollabile, quello per cui un giorno apri l'ombrello e quello dopo soffochi per il sole, ma la sera devi nuovamente indossare abiti pesanti, perché probabilmente nemmeno lui – il tempo – ha capito che l'inverno è passato. Vi state domandando come mai queste riflessioni? Perché la natura imprevedibile e “umorale” del tempo è quella che meglio restituisce le emozioni di questo primo giorno di festival, dove le visioni non sono state necessariamente incentrate sul tema, ma si sono in ogni caso dimostrate variegate e pazzerelle come le nuvole che si addensano e spariscono nel cielo di questo strano aprile.
Si parte alle 9 di mattina con il norvegese Oslo, August 31st, di Joachim Trier, che inaugura il concorso lungometraggi: storia di un ragazzo in libera uscita dalla comunità per tossicodipendenti per sostenere un colloquio di lavoro in città. L'occasione viene presto sprecata e così il nostro vaga per la capitale incontrando i compagni di un tempo, un percorso che si rivelerà distruttivo o, comunque, di autocoscienza rispetto a una vita che si percepisce ormai perduta. Il regista aveva vinto una delle precedenti edizioni del festival e riesce a mantenere uno sguardo allo stesso tempo sobrio e empatico nei confronti del personaggio, però manca il guizzo, quello che permetta alla storia di non suscitare la spiacevole sensazione che tutto andrà nel modo in cui ci si aspetta.
Sulla carta il film successivo - sempre in concorso – Daddy è l'esatto opposto, gioca a confondere lo spettatore immaginando due sorelle e il fidanzato di una di loro che si recano a fare visita al padre, isolato in una casa nelle montagne della Croazia. Quindi dramma familiare? No, film horror: e articolato su più livelli per giunta, perché non solo la presenza minacciosa di questo padre-mostro favorisce il racconto di tensione, ma poi ci si mette anche il triangolo amoroso fra le due sorelle e il ragazzo, che complica la gamma di relazioni alla base del racconto. Lo spunto è molto interessante, però il film sembra aver timore dell'etichetta di genere e quindi alla fine non riesce a sfruttare i twist della storia molto bene, depotenziando anche molte intuizioni della fotografia naturalistica. La folgorazione, insomma, non abita ancora qui.
Meglio dunque abbandonarsi ai classici del pomeriggio, con i primi titoli degli omaggi a Emir Kusturica e Ken Russell: del primo ritroviamo il malinconico e sensibile Ti ricordi di Dolly Bell?, del 1981. Ma la vera scoperta è I diavoli (1971), non perché sia un film sconosciuto (tutt'altro), ma perché di certo è inaspettata la bella copia italiana d'epoca in versione assolutamente integrale, che dunque permette a questo capolavoro magniloquente e iconoclasta di deflagrare in tutta la sua scandalosa potenza, regalando uno spettacolo lussureggiante e per nulla datato. Il buongiorno si vede dalla sera insomma, mentre fuori impazza il vento e il tempo in sala non è mai stato così ben speso.

lunedì 16 aprile 2012

Lecce 2012

Lecce 2012

Ormai chi è del settore bazzica talmente tanto spesso i festival, che ritiene quasi immutabile e “naturale” il loro avvicendamento. Invece da un po' di anni assistiamo a rassegne che si spostano, si fondono, cambiano, mutano... il Festival del Cinema Europeo, ad esempio, quest'anno ha dovuto fare i conti con l'improvvisa vicinanza del BIFF (Bari International Film Festival), che da gennaio ha traslocato a marzo, andando quasi a “invadere” la “finestra” salentina.

Pertanto, cerchiamo di non dare nulla per scontato e accogliamo con piacere il ritorno di questo appuntamento: una prima occhiata al programma di questa tredicesima edizione sembra far presagire che sarà un anno segnato dagli autori. Intanto c'è l'omaggio a Ken Russel, scomparso qualche mese fa – diciamolo – nel silenzio generale e che ora ritrova giustamente la ribalta attraverso la riproposizione di alcuni suoi capolavori come I diavoli. Poi c'è Emir Kusturica, pure omaggiato con vari appuntamenti, fra cui la proiezione di Underground nella versione lunga da 5 ore, un concerto e una mostra fotografica. Infine non mancano gli eventi speciali, fra i quali voglio segnalare il cartoon Un burattino di nome Pinocchio, di Giuliano Cenci, in versione restaurata, perché si tratta di una vera chicca!

Lascio per ultimo il concorso non perché sia l'inevitabile pedaggio, tutt'altro! Chi segue il festival sa che le pellicole di questa sezione sono una continua fonte di scoperte, grazie al buon lavoro di Cristina Soldano e Alberto La Monica. Il punto è che come sempre il lavoro di ricerca offre poco all'anticipazione, bisognerà aspettare la visione in sala per vedere se le 10 pellicole europee sapranno rinnovare l'entusiasmo. Pregiudizialmente dico di sì visti i trascorsi, ma aspettiamo la conferma. Il bello di un festival è anche questo.

Ospite d'onore, infine, Sergio Castellitto, con le sue regie e interpretazioni più famose, e che incontrerà il pubblico leccese venerdì 20 aprile. Ci si vede in sala, come sempre!



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