"C'è chi crede in dio o nel denaro. Io credo nel cinema, nel suo potere. L'ho scoperto da ragazzino, mi ha aiutato a fuggire da una realtà in cui ero infelice. È una delle forme d'arte più alte che l'uomo ha concepito. Credo nel suo futuro."
(John Carpenter)

martedì 9 ottobre 2012

Battleship

Battleship

Alex Hopper è un tipico ragazzo che spreca il suo potenziale dietro frequenti bravate: ad esempio a un certo punto si fa arrestare per furto dopo essere entrato in un minimarket... e il suo scopo era solo portare del cibo a una ragazza per fare colpo su di lei! La prescelta, Samantha, è peraltro la figlia del severo Ammiraglio Shane, cui Alex si ritrova subordinato quando il fratello, stufo delle sue bravate, lo costringe ad arruolarsi in Marina. I nodi vengono al pettine durante un'esercitazione alle isole Hawaii che coinvolge numerose nazioni con le loro navi militari. In quel giorno, infatti, Alex deve chiedere la mano di Samantha al padre; ma quel giorno è anche quello prescelto da una razza aliena per una missione perlustrativa sul nostro mondo in seguito al richiamo emesso dalla NASA sette anni prima. Gli alieni non sono benevoli: armati di una tecnologia impressionante, tengono in scacco le navi mentre cercano di stabilire una trasmissione che richiami dal pianeta madre nuove truppe. Alex si ritrova al comando di una nave e deve affrontare gli alieni e impedire che riescano a ultimare il trasmettitore.


Come già in Hancock, Peter Berg dimostra di prediligere un cinema basato su concept che più pop non si potrebbe: nel caso specifico, infatti, Battleship è basato sul tradizionale gioco della Battaglia Navale, e, in particolare, sulla versione da tavolo della Hasbro con luci e suoni nota come “Affonda la flotta”. Ci sarebbe di che ammirare la follia insita in un simile progetto e forse anche per rasserenare gli scettici la produzione ha cercato un evidente richiamo ai Transformers di Michael Bay (basati sul più popolare fra i franchise della Hasbro), sia per il look “meccanico” degli alieni invasori, sia per l'evidente filiazione stilistica dal modello, con tanto di fotografia saturata, ampi movimenti della macchina da presa e una colonna sonora ancora una volta affidata all'epico Steve Jablonsky.

Come entra in gioco lo sguardo di Berg in una struttura così apparentemente “chiusa” e codificata? Semplicemente assecondando le ragioni più profonde del “colpito e affondato”, ovvero il contatto a distanza fra realtà differenti. Infatti, così come Hancock raccontava il problematico approccio a un mondo diviso fra supereroi capaci di compiere imprese “bigger than life” e quello degli umani con cui pure il protagonista cercava di armonizzarsi, così Battleship racconta ancora una volta un “incontro ravvicinato” fra una razza avanzata tecnologicamente e un pianeta bramato come nuova terra in cui insidiarsi (dopo la distruzione del mondo natale portata dalla guerra - e anche qui si torna a Transformers).

In effetti, superata la lunga introduzione, Battleship diventa il racconto di due realtà in collisione, dove però lentamente si passa dall'evidente superiorità degli invasori a numerosi punti di eguaglianza fra le razze: anche gli alieni, infatti, sotto la corazza hanno un aspetto vagamente umanoide, sono fatti di carne, respirano e sognano perciò il nostro mondo come un Eden perduto: sono, insomma, a tutti gli effetti delle creature animate da un principio guida che quasi fa guadagnare loro il rispetto dello spettatore, un po' come Hancock imparava ad essere amato dagli umani. Al contrario, la nostra razza fa sfoggio delle sue potenzialità belliche, con parate militari che esaltano l'innovazione tecnologica in grado di innalzarci dal nostro livello abituale, elevandoci letteralmente a potenza. Lo schema narrativo diventa dunque chiaro e si basa su precisi rispecchiamenti: gli alieni bramano il mondo degli umani, che pure sognano una la tecnologia bellica di alto livello come quella degli invasori.

Per questo, ben presto il gioco non si orienta tanto sull'annichilire velocemente l'avversario, ma sul comprenderne le strategie. Qui il film cala il suo asso realizzando un capolavoro di ingegno narrativo: il momento di snodo, infatti, quello in cui si realizza la parità delle forze tra i fronti in campo prima dell'inizio del rivolgimento finale che condurrà alla vittoria degli umani, è proprio quello che realizza fattivamente lo schema classico della battaglia navale tradizionale. Umani e alieni non “si vedono”, ma devono cercare di comprendere tatticamente lo schema dei reciproci movimenti, provando la tipica strategia del “colpito” e “affondato”. Genio assoluto: come riassumere in un solo momento le finalità commerciali della pellicola e le motivazioni tematiche del racconto. Dopo aver visto una simile trovata, chi potrebbe mai ritenere “impossibile” trarre una storia da qualsiasi cosa?

Come poc'anzi evidenziato, la seconda parte porta al rivolgimento della situazione: è interessante notare come la vittoria avvenga sostanzialmente perché uno dei due fronti riesce a valorizzare i propri punti di forza, ristabilendo una distanza con l'avversario. Gli umani, infatti, abbandonano i panni ipertecnologici per puntare su un ritorno alle origini delle loro capacità belliche, a una guerra più “sporca” e meno “chirurgica”, fatta di vecchi bombardieri e veterani che tornano in campo. Il film diventa così quasi un viaggio a ritroso verso l'essenza dello scontro (si tira in ballo – anche se un po' a sproposito – pure L'arte della guerra di Sun Tzu), e cerca il punto di equilibrio fra l'essenzialità del concept su cui si basa il gioco ispiratore (la Battaglia Navale appunto) e la tensione cara a Berg del confronto fra realtà diverse. Stavolta gli eroi non hanno bisogno di sacrificarsi come Hancock e il dramma viene fortunatamente evitato: tutto sta comunque nel comprendere i propri sentimenti e le proprie motivazioni attraverso un rispecchiamento con un fronte speculare.

Non a caso l'intera vicenda è accompagnata dal percorso di formazione di un giovane avventato che deve imparare a cooperare con i compagni e a mettere da parte le proprie intemperanze: è come se Berg ci dicesse che, d'accordo, è un film-giocattolo, ma forse può anche essere qualcosa di più se si impara a guardare oltre. Chi, comunque, non volesse andare al di là dello spettacolo, può godersi le scene di mero impatto visuale, che di certo il film dispensa con grandissima generosità.


Battleship
(id.)
Regia: Peter Berg
Sceneggiatura: Jon e Erich Hoeber
Origine: Usa, 2012
Durata: 131'

1 commento:

fabio ha detto...

cialtronata patriottica piuttosto scemotta, ma tuttosommato divertente, belli gli effetti visivi, un po meno il make up degli alieni con tanto di pizzetto, attori scarsi (escluso Neesom), ma per un film del genere non è che servissero chissà che attori Shakesperiani.
Come film, a mio avviso, è più o meno sugli stessi livelli di pellicole come World Invasion e Skyline, quindi filmetti divertenti da vedere a cervello spento, ma che poi si dimenticano facilmente.
Comunque, alla fin fine, una sufficenza, questo giocattolone, la strappa :-)