"C'è chi crede in dio o nel denaro. Io credo nel cinema, nel suo potere. L'ho scoperto da ragazzino, mi ha aiutato a fuggire da una realtà in cui ero infelice. È una delle forme d'arte più alte che l'uomo ha concepito. Credo nel suo futuro."
(John Carpenter)

mercoledì 21 novembre 2012

Torino 2012

Torino 2012


Ancora un paio di giorni e si alzerà il sipario sul Torino Film Festival: dell'edizione 2012 si sta parlando più del solito, soprattutto in virtù delle polemiche che hanno tenuto e tengono banco sui media, e che sembrano destinate a far passare in sordina due aspetti importanti. Il primo è che stavolta si taglia l'importante traguardo delle trenta edizioni; il secondo è che il programma presentato qualche settimana fa in conferenza stampa sembra particolarmente ricco di proposte allettanti: per fortuna questo aspetto una certa qual copertura mediatica l'ha avuto, quindi rimando ai link in calce per chi volesse una panoramica generale dell'offerta, che comprende comunque la retrospettiva su Joseph Losey, un corposo programma di horror nella sezione "Rapporto Confidenziale", le sperimentazioni di "Onde" (con tanto di personale su Miguel Gomes), e poi concorsi e documentari. Qui mi preme piuttosto fare qualche altra considerazione.

Questa infatti sarà anche l'ultima direzione di Gianni Amelio, che in quattro anni ha fatto un buon lavoro: quando c'è stato da criticare qui non ci si è tirati indietro e oggi si può affermare che Amelio, Emanuela Martini e tutto lo staff hanno dato vita a una formula che è stata capace di far evolvere il format originario del festival, unendo il rigore dell'era Moretti alla sperimentazione di quella D'Agnolo-Vallan, senza dimenticare la cinefilia di Della Casa (cito i direttori dal 1999 a oggi, ovvero da quando seguo il festival). Quindi una formula che è stata capace di innovare nella tradizione, un punto che è bene tenere fermo sia nell'approccio alla nuova edizione (per i confronti del caso con il passato) sia perché siamo a un giro di boa, in attesa di vedere cosa accadrà dal 2013 in poi.

In virtù di queste considerazioni, ciò che - da spettatore e addetto ai lavori - auspico maggiormente è il ritrovare la stessa curiosità che ha sempre contraddistinto la manifestazione. Di solito a questo punto si tirano fuori le carte e si spara il nome più grosso, però dopo tanti anni mi attira di più il gusto della scoperta. Negli ultimi anni al festival ho scoperto nomi interessanti come Joe Cornish (Attack the Block), Sean Byrne (The Loved Ones), Bruce McDonald (Pontypool), Gareth Evans (The Raid), ho potuto “saggiare” direttamente la forza underground di autori come Bruce La Bruce (L.A. Zombie) e approfondire grandi figure “nascoste” come Christophe Honoré (L'homme au bain, ma va citato anche il più “mainstream” Les bien aimées) o Eugène Green (Le pont des arts); ho poi visto sbocciare il talento di registi un tempo acerbi come Kim Jee-Woon (I Saw the Devil) e Jaume Balaguerò (Mientras Duermes/Bed Time), ho riscoperto maestri come Woody Allen (Midnight in Paris) e ritrovato amori mai sopiti come John Carpenter (The Ward). Questo senza contare quei nomi che già conoscevo a grandi linee e che si sono poi palesati in tutta la forza espressiva delle loro opere: mi riferisco a Nicolas Winding Refn e Sion Sono, omaggiati da splendide personali. Molti di questi nomi saranno probabilmente sconosciuti ai più o magari faranno saltare sulla sedia chi frequenta i forum online dove molte delle pellicole citate sono giustamente assurte allo status di cult-movie nell'indifferenza di un mercato che le ha snobbate o relegate in pochi e angusti angoli della distribuzione estiva o dei DVD.

Ecco, con un concorso lungometraggi che negli anni si è rafforzato ed ha raggiunto quella forza che negli anni Novanta sembrava perdere a tutto vantaggio delle retrospettive, e che non ha paura di mescolare generi e nomi fra i più disparati, anche quest'anno sono più attratto dall'idea di scoprire qualche nuovo talento che di trovare conferma nei nomi consolidati. Torino è il posto giusto per entrambe le cose: c'è la possibilità che qualcosa di buono e nuovo esca fuori e anche che l'ultimo lungometraggio di Rob Zombie sia un grande film. In una parola: che sia un festival divertente, di quel divertimento che solo chi bazzica le sale in cerca di un'emozione capisce.

Come già l'anno scorso (imprevisti permettendo) l'intenzione è quella di dedicare dei report quotidiani al festival, raccolti sotto l'etichetta Diario Torino Film Festival. Per chi invece sarà della partita, al solito, ci si vede in sala!



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1 commento:

fabio ha detto...

Aspetterò con ansia il tuo resocono su Lords of Salem e anche sul remake di Maniac che se non erro è in programma proprio al TFF.
Tienici aggiornati boss ;-)