"C'è chi crede in dio o nel denaro. Io credo nel cinema, nel suo potere. L'ho scoperto da ragazzino, mi ha aiutato a fuggire da una realtà in cui ero infelice. È una delle forme d'arte più alte che l'uomo ha concepito. Credo nel suo futuro."
(John Carpenter)

sabato 11 maggio 2013

Noi siamo infinito

Noi siamo infinito

Charlie è al primo anno della scuola superiore, angosciato dal doversi confrontare con una nuova realtà e dal dover fare i conti con la sua innata timidezza, che gli impedisce di trovare facilmente degli amici. Vuoi per caso, vuoi per saper cogliere l'occasione giusta, riesce però a conoscere Patrick, di certo non un "vincente", ma una persona che sa coltivare la sua unicità e che, insieme alla sorellastra Sam e alle amiche Mary Elizabeth e Candace forma un gruppo molto affiatato e sognatore. Annesso alla comitiva, Charlie passa così le esperienze tipiche dell'adolescenza, ma le forti emozioni che l'amicizia e l'infatuazione per Sam metteranno in campo, lo costringeranno anche a fare i conti con i traumi sepolti nel suo passato.


Seconda regia di Stephen Chbosky (la prima era l'indipendente e inedito The Four Corners of Nowhere), che qui adatta il suo romanzo Ragazzo da parete, pubblicato in Italia per Sperling & Kupfer. Il titolo originale di film e libro è in realtà The Perks of Being a Wallflower, ovvero “il vantaggio di essere una tappezzeria” - inteso come un tipo timido che passa inosservato, naturalmente: una formula che già da sola stabilisce i confini di una storia capace di porsi immediatamente come la descrizione di una condizione disagevole, ma anche come il racconto di una vita che sa capovolgere le prospettive, rivelando come quella “tappezzeria” sia in realtà un modo sghembo per inquadrare una realtà altrimenti troppo standardizzata. “Benvenuto nell'isola dei giocattoli difettosi” è infatti la frase-manifesto con cui Sam accoglie Charlie nel gruppo.

La storia costruisce così un complesso sistema di riferimenti pop (a tratti viene da pensare a una versione ancora più intimista di Super 8), ed è attentissima a esaminare e a rendere i sentimenti messi in campo, rispettando allo stesso tempo la struttura epistolare del romanzo d'origine: la vicenda è infatti cadenzata dai momenti in cui Charlie racconta i fatti scrivendo delle lettere a un amico scomparso. Ciò che però colpisce è come l'amalgama non si appiattisca mai su nessuno di questi elementi, mantenendo sempre una freschezza e una vitalità in grado di far risaltare la varietà di toni della vicenda. La sensazione è esattamente quella di un bombardamento emotivo tipico di un'età problematica come l'adolescenza, con la sua tendenza ad amplificare ogni sensazione. Per questo si passa senza soluzione di continuità dal riso alla lacrima, dalla riflessione all'entusiasmo, esattamente come il “mondo” descritto dal film si situa fra la concretezza degli ambienti “istituzionali” (la casa, la scuola) e quei momenti in cui i protagonisti si ritagliano degli spazi propri, come a reinventare la realtà (l'iconica scena del tunnel, il rituale del Rocky Horror Picture Show recitato dal vivo).

Non stupisce perciò il gioco dei contrasti e dei dualismi, che si fa via via più acuto: la timidezza di Charlie si accosta all'estrema vitalità di Patrick e Sam, l'amore adolescenziale e tenero dello stesso Charlie (che non ha il coraggio di dichiararsi) ha un contraltare in quello “nascosto” e problematico di Patrick per il campione di football Brad, la sicurezza rappresentata dalla famiglia del protagonista si infrange con il trauma legato al passato con la zia ormai scomparsa, così come l'orgoglio violento del padre di Brad fa sponda con l'estrema frammentazione dell'ambiente scolastico, mosso da feroci divisioni.

La struttura è a mosaico, pur nell'estrema compattezza della vicenda, con Chbosky che riesce a elevare il racconto a un livello che è puramente empatico e sensoriale, dribblando le trappole imposte da una narrazione che a tratti rischia di giocare con il sovraccarico di eventi. Pensiamo soprattutto al pre-finale, quando si entra nel merito dei traumi che hanno caratterizzato l'infanzia di Charlie: Chbosky è intelligente nel porre in essere una determinata situazione, senza però insistere troppo, giocando anche con il non detto e sfumando dove serve. Così come solletica l'effetto nostalgia nella ricostruzione d'epoca, ma poi non insiste con la forza iconografica del vintage, tanto che il film – sebbene chiaramente iscrivibile in un preciso momento storico – è poi abbastanza immune dalla carica di rimpianto che spesso connota operazioni simili e si lascia gustare per il piacere del racconto.

La differenza che passa fra il più composito titolo originale e il più netto Noi siamo infinito dell'edizione italiana rispecchia dunque la forza stessa del film e la sua natura magmatica. Un racconto quasi “alla francese” per il rispetto che dimostra verso la materia, nobilitato da un tris d'interpreti in stato di grazia (Logan Lerman, Ezra Miller e l'ex Hermione di Harry Potter, Emma Watson), camei di lusso (il grande Tom Savini) e, su tutto, la capacità di trascinare lo spettatore come nel miglior cinema americano, per una volta senza troppi facili ammiccamenti: bellissimo e sincero, ha ottime possibilità di diventare un vero cult generazionale.


Noi siamo infinito
(The Perks of Being a Wallflower)
Regia e sceneggiatura: Stephen Chbosky (dal suo romanzo)
Origine: Usa, 2012
Durata: 102'

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