"C'è chi crede in dio o nel denaro. Io credo nel cinema, nel suo potere. L'ho scoperto da ragazzino, mi ha aiutato a fuggire da una realtà in cui ero infelice. È una delle forme d'arte più alte che l'uomo ha concepito. Credo nel suo futuro."
(John Carpenter)

giovedì 22 agosto 2013

Picnic a Hanging Rock

Picnic a Hanging Rock

Il 14 febbraio dell'anno 1900, un gruppo di ragazze del college vittoriano Appleyard si reca in gita presso la Hanging Rock, nello stato del Victoria centrale. Durante la sosta, un gruppo, guidato dalla bella Miranda, si distacca dalle amiche per esplorare la roccia e scompare misteriosamente. Il caso delle ragazze perdute crea parecchio scalpore e lascia emergere malesseri sopiti, trascinando l'intera comunità del college in un progressivo sfaldamento. Nel frattempo, il giovane Michael Fitzhubert, rampollo di una ricca famiglia inglese in visita in Australia, si interessa al caso (era infatti presente sul luogo e aveva visto le ragazze recarsi sulla roccia) e, dopo estenuanti ricerche, riesce a ritrovare una delle giovani. Ma tutto questo non fermerà l'inesorabile avanzata del destino.


All'improvviso l'Australia doveva avere una certa immagine... e poi c'erano i nemici di quell'immagine, in particolare quelli che non ritraevano l'Australia come belle ragazze vestite di bianco che svanivano tra le rocce
(Barry Humphries, da Not Quite Hollywood)

Incassato l'insuccesso commerciale de Le macchine che distrussero Parigi, Peter Weir trova finalmente il suo posto al sole con questo celebre adattamento del romanzo di Joan Lindsay, basato su un presunto fatto di cronaca, a sua volta iscritto nella più ampia casistica delle sparizioni nell'Outback. Com'è noto, il film ha ottenuto una tale risonanza, anche internazionale, da porsi ancora oggi come paradigma del cosiddetto “Rinascimento” del cinema australiano, marcando la differenza con le produzioni “basse”, e consegnando a Weir la nomea di Autore a tutto tondo (da cui l'affermazione satirica di Barry Humphries riportata in esergo).

Ciò che ha attirato Weir – e che ha contribuito a fare la fortuna del film – è l'approccio antirealistico al tema, favorito da una prospettiva onirica e simbolica, che iscrive direttamente la vicenda in un tempo irreale (con tanto di orologi che si fermano), e conferisce al film una qualità fiabesca, complice anche l'utilizzo dell'ellissi narrativa e del non detto. Tutto questo, sebbene la vicenda si ambienti, al contrario, in un momento storico ben preciso e riconduca le dinamiche a umori ed elementi sempre molto concreti, siano essi i paesaggi rocciosi della Hanging Rock o le regole ferree che regolano la vita del rigido college vittoriano. Non a caso, anche visivamente il film oscilla fra una ricostruzione d'epoca a tratti talmente realistica da sfiorare il calligrafismo, e una capacità di perdersi in atmosfere sospese, esaltate dalla colonna sonora di Bruce Smeaton (fatta di liriche ancestrali e sganciate dal tempo del racconto) e dalla fotografia flou di Russell Boyd, che da qui inizierà una fruttuosa collaborazione con il regista. La Hanging Rock, in particolare, è un luogo a metà, iscritto fra la veridicità del set naturale (le riprese avvennero effettivamente in loco) e la capacità del regista di ritagliarne porzioni che rivelano volti mostruosi nelle rocce e anfratti che letteralmente “guardano” le protagoniste, conferendo alla conformazione vulcanica lo status di autentico personaggio.

Rispetto all'originale cartaceo, Weir mantiene il finale irrisolto - in realtà voluto dall'editore, poiché esisteva un capitolo conclusivo che scioglieva il mistero, si vedano i link in calce - e si concentra maggiormente sull'evento iniziale della sparizione, limitando poi la seconda parte a pochi momenti significativi, in modo tale da concentrare quasi tutta l'azione fra gli spazi ben definiti della Roccia e del college: in questo modo, si genera un'atmosfera oppressiva che esalta il disfacimento della realtà posta in essere (un modello che poi l'autore riprenderà ne L'attimo fuggente, quasi un ideale speculare “anglosassone” della storia). Va comunque precisato come la versione attualmente circolante tagli circa 10 minuti dal montaggio originale del film, regalando quindi alla seconda parte una stringatezza ancora maggiore.

Sui miei personaggi che scompaiono non vi saprei rispondere. Quando guardo quelle interviste di artisti in televisione, aspetto sempre che qualcuno dica “Non lo so” e capita di rado. Un film si avvicina all'esperienza del sogno ed è come questo inafferrabile.
(Peter Weir, intervista di Michel Ciment, Positif, aprile 1987)

Le linee guida del racconto sono dunque molto ben definibili: c'è un elemento fantastico e inspiegabile (la sparizione delle ragazze) che irrompe in una realtà per il resto assolutamente governata da una ferrea logica e ne provoca il disfacimento. Il fatto che l'evento scatenante sia collegato al rapporto fra i coloni inglesi e lo scenario alieno dell'Outback riconduce naturalmente la dinamica generale al tema consueto dell'identità australiana e dello sradicamento dei personaggi e delle loro storie umane e culturali, tale da produrre un'autentica perdizione (come è ben evidenziato dal personaggio di Michael Fitzhubert, letteralmente ossessionato dalla vicenda). Ma ciò che più interessa in questa sede è rimarcare il tono panico, concentrato su una natura selvatica e capace perciò di rappresentare il perfetto contraltare a una sorta di forza immanente che guida ed è a sua volta provocata dalle ragazze e in particolare dal personaggio di Miranda, interpretata dalla giovane e bellissima Anne Louise Lambert.

Figura eterea e non a caso definita “un angelo del Botticelli”, Miranda è infatti allo stesso tempo una vittima e un agente del Caos che opera dietro le quinte, poiché ne prevede gli effetti, ma in un certo senso si pone come guida del gruppo di ragazze destinate alla sparizione. Il film non a caso concentra in modo particolare l'articolazione della seconda parte sul rapporto ormai reciso fra Miranda e l'amica Sara (che pagherà con la vita l'incapacità di sopportare la perdita), quasi che la scomparsa rappresenti per quest'ultima un'occasione che le viene offerta per trovare finalmente la propria strada e la propria identità, secondo uno schema del “percorso di formazione” che ormai abbiamo compreso essere caro all'autore. Quasi un dono d'amore che quindi Miranda fa all'amica affinché trovi se stessa e la ferrea sovrastruttura culturale che opprime lei e le amiche possa finalmente aprirsi a spinte innovatrici.

Il dramma di Sara riconduce quindi a una dinamica “intima” e personale un trauma che per il resto attinge a forze ancora più grandi e capaci, come abbiamo visto, di generare conseguenze a più livelli, interessando un quadro via via sempre più ampio, in cui tutto il microcosmo è coinvolto, dalle cameriere del collegio fino alla direttrice Appleyard, cui è dedicata la chiusa finale.


Picnic a Hanging Rock
(Picnic at Hanging Rock)
Regia: Peter Weir
Sceneggiatura: Cliff Green, dal romanzo di Joan Lindsey
Origine: Australia, 1975
Durata: 103' (versione Director' Cut), 110' (versione cinematografica)


Collegati:
Michael e Homesdale: gli esordi di Peter Weir
Le macchine che distrussero Parigi

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