"C'è chi crede in dio o nel denaro. Io credo nel cinema, nel suo potere. L'ho scoperto da ragazzino, mi ha aiutato a fuggire da una realtà in cui ero infelice. È una delle forme d'arte più alte che l'uomo ha concepito. Credo nel suo futuro."
(John Carpenter)

martedì 9 giugno 2015

Il racconto dei racconti

Il racconto dei racconti

La regina del regno di Selvascura, smaniosa di un figlio, divora il cuore di un drago marino e dà così alla luce Elias. Ma anche la serva che ha cucinato il cuore per lei partorisce allo stesso tempo Jonah. Il profondo legame fra i due ragazzi è mal visto dalla sovrana.
Il re di Roccaforte è un uomo dissoluto, che brama la popolana Dora, ignaro del fatto che si tratta di una donna anziana. Ringiovanita da una strega, Dora diventa la moglie del sovrano, ma la sorella Imma si fa scorticare viva, per ritrovare la giovinezza e starle ancora accanto.
Nel regno di Altomonte, infine, il sovrano sfida i pretendenti alla mano di sua figlia a indovinare di chi sia una misteriosa pelle, appartenuta a una pulce gigante che l'uomo ha cresciuto con dedizione. A vincere la competizione però è un mostruoso orco, che così porta via la principessa...


Il tentativo ambizioso di ridurre in forma di lungometraggio tre delle molte novelle che compongono Il racconto dei racconti di Giambattista Basile, diventa nelle mani di Matteo Garrone l'occasione per una nuova ricognizione nei meandri di un'ossessione umana che ridisegna i confini del reale e il rapporto fra la concretezza del vero e il volo nel fantastico. La struttura, in fondo, non è poi tanto dissimile da quella del precedente Reality, con l'incipit che si apre sulla messinscena di uno spettacolo (qui alcuni saltimbanchi alla corte del re di Selvascura, lì un fastoso matrimonio), per poi scindere la singola ossessione del potenziale concorrente del reality show in tre vicende mosse da un'unica direttrice (l'ossessione per qualcuno/qualcosa) e in perpetuo dialogo attraverso una serie di riferimenti incrociati. A ogni azione c'è una corrispondenza, ci ricorda il negromante/anima critica del racconto e così il film corteggia costantemente il tema del doppio e della specularità fra storie che si inseguono e si accavallano, in cerca del punto di fuga che apra la “chiusura” dei singoli animi. Gli stessi regni in cui si ambientano le novelle non sono connotati da una precisa identificazione spaziale: come la Napoli di Gomorra si ha la sensazione di un universo-mondo potenzialmente senza barriere (in cui tutti i personaggi si incontrano alla fine, non a caso), dove però i confini sono delimitati dalle dinamiche “piccole” degli uomini.

L'ossessione della regina di Selvascura per il figlio Elias si rispecchia così nel legame inscindibile che spinge il ragazzo a cercare (e preferire) sempre la compagnia del fratellastro Jonas; la passionalità possessiva del sovrano di Roccaforte ha il suo corrispettivo nel desiderio di Imma di non essere abbandonata dalla sorella; il rapporto conflittuale fra il re di Altomonte e la figlia Dora incarna la doppia ossessione di un uomo morbosamente legato alla mostruosa pulce e di una ragazza che vuole a tutti i costi un marito, salvo poi ritrovarsi nella spiacevole situazione di vittima. Azione e corrispondenza non nascondono infatti la possibile deriva nell'infelicità, che prescinde da un aspetto puramente morale, tipico della fiaba, per farsi quasi racconto iniziatico di una vita “di fuori” che preme con nuove sfide e che, unica fra le tante, può impartire la necessaria lezione per affrancarsi dalla prospettiva limitata che l'ossessione offre. Così, Viola dovrà sconfiggere da sola l'Orco e si guadagnerà in tal modo un ruolo da sovrana, mentre Elias e Jonah arriveranno tanto vicino alla morte, da capire poi la necessità di un generoso gesto di separazione (e di donare l'altro agli altri).

Accanto all'aspetto puramente narrativo e tipicamente immerso nei temi cari al regista, è però interessante il più complesso lavoro di dialogo con un sistema di riferimenti che spazia dalla raffigurazione pittorica (Garrone ha chiamato in causa Goya o Caravaggio) alle dinamiche tipiche della fiaba nella sua forma più primigenia e archetipica: il fantasy de Il racconto dei racconti è infatti tipicamente figlio di una cultura che va al di là della semplice meraviglia (tipica del genere cinematografico) e, anzi, ricerca la ricaduta delle vicende più “grandi” sul corpo e sulla mente dei personaggi, destinati a patire le sofferenze delle rispettive sventure, portandone i segni nelle carni. La dinamica dell'azione-corrispondenza è resa infatti attraverso un continuo ricorso all'espediente della mutazione corporea e dell'offesa dei corpi: questo è vero sia per le stesse creature fantastiche (l'uccisione “rituale” del drago marino), sia per le figure umane, che a volte per un'azione violenta (lo sgozzamento dell'orco), altre per scelta precisa (il re che si dissangua per nutrire la pulce, Imma che si lascia scorticare), altre ancora per perpetuare una diversa immagine di sé (Dora che si tira e incolla la pelle) trova corrispondenza negli strumenti offerti dalla magia: le due donne ingravidate dal sortilegio e il ringiovanire di Dora ci dicono infatti di una realtà dove il volere (proprio o altrui) finisce per determinare lo scavalcamento fra il reale e il fantastico.

Quest'ultimo punto ci riporta a un'altra delle capacità tipiche del cinema di Garrone, quella della definizione del mondo attraverso una continua oscillazione fra il verosimile e l'impossibile: in passato, però, era spesso una capacità che, pur estrinsecandosi al mondo tutto, era sempre veicolata da una forte pulsione soggettiva. Il finale di Reality era lì a ribadire come l'immersione nella realtà-spettacolo, inseguita fin dall'inizio, restava comunque un discorso tutto interno alle percezioni del protagonista; le regole che sorreggevano l'universo di Gomorra erano comunque percepite dallo spettatore (e da alcuni isolati personaggi) come altre e avulse dalla “normalità” socialmente condivisa (tanto che il film può tuttora anche essere letto sotto una chiave grottesca, più che di precisa denuncia). Con Il racconto dei racconti è come se il regista finalmente abbracciasse l'idea di una pulsione umana che riesce a determinare oggettivamente le regole che sorreggono il mondo. Il risultato è un fantasy ben radicato nel reale e in location anche abbastanza note (si pensi a Castel Del Monte), spettacolare ma un po' “assorto” nel ritmo, eppure capace di riverberare in più occasioni un gusto visivo e una ricerca per l'invenzione anche pindarica, comunque mai fine a se stessa perché motivata da una precisa poetica narrativa e stilistica. In questo senso, Il racconto dei racconti è quasi una propaggine espansa della scena del grillo di Reality, qui richiamato proprio dalla piccola pulce che si ingigantisce fino a determinare alcuni dei destini chiamati in causa dal racconto.


Il racconto dei racconti – Tale of Tales
Regia: Matteo Garrone
Sceneggiatura: Matteo Garrone, Edoardo Albinati, Ugo Chiti, Massimo Gaudioso (dalle fiabe di Giambattista Basile)
Origine: Italia/UK/Francia
Durata: 125'


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