"C'è chi crede in dio o nel denaro. Io credo nel cinema, nel suo potere. L'ho scoperto da ragazzino, mi ha aiutato a fuggire da una realtà in cui ero infelice. È una delle forme d'arte più alte che l'uomo ha concepito. Credo nel suo futuro."
(John Carpenter)

mercoledì 9 marzo 2016

Il Drago e la Saetta

Il Drago e la Saetta

Il nome di Marco Pellitteri è uno dei primi a risaltare quando si affronta il mare magnum della saggistica sull'animazione giapponese: non solo perché è stato, di fatto, uno dei precursori del filone, ma anche per la grande consapevolezza che ha sempre animato il suo lavoro. Da un lato, infatti, i suoi scritti hanno avuto il merito di sistematizzare e analizzare in prospettiva critica il materiale giunto in Italia dalla fine degli anni Settanta, dando voce alle istanze di una generazione che, in fondo, lo aveva assorbito quasi per osmosi, senza forse andare troppo in profondità nelle sue caratteristiche peculiari – ovvero quelle che lo avevano immediatamente distinto da ciò che c'era prima e da quanto è venuto dopo. Il testo fondamentale, in questo senso, è Mazinga Nostalgia, che ha avuto varie riscritture dal 1999 in poi, e che mette a confronto il “nuovo” immaginario giapponese con quello dei “padri”. Il che ci porta all'altro merito della sua analisi: confutare molte delle cattive impressioni della prima ora, suscitate dalla novità in un pubblico adulto, abituato a differenti codici espressivi e subito pronto a gridare alla corruzione dell'innocenza. Si tratta quindi di un lavoro che è allo stesso tempo critico, analitico, ma anche utile a rivendicare l'appartenenza a un immaginario e, per estensione, una caratura identitaria al fandom degli anime.

Il Drago e la Saetta rappresenta l'estensione e il parziale completamento di quel percorso, attraverso un corposo volume che mira a finalità dichiaratamente accademiche. Il taglio si fa perciò ancor più storico-sociologico-analitico e si prosegue nella confutazione di molte credenze della prima ora, ponendole in una prospettiva che guardi non solo al momento della transizione fra passato e presente, ma anche alle possibili nuove istanze dell'animazione giapponese in rapporto con la modernità – naturalmente va considerato come il volume abbia ormai alcuni anni alle spalle, essendo uscito nel 2008. Una sorta di analisi del “distacco”, che cerca di riscattare un immaginario dalla componente totalmente nostalgica (comunque non del tutto rinnegata) per immergerlo ancor più nella cultura d'origine e anche nella contaminazione di segni, forme e linguaggi che nel tempo lo stesso ha naturalmente creato attraverso il confronto con i mercati che hanno subito “l'invasione”: in primis (sebbene in modo meno accentuato che altrove) gli Stati Uniti e poi, naturalmente, l'Europa, con l'Italia e la Francia a fare da apripista. La mappatura è comunque ad amplissimo raggio, complici anche gli studi che Pellitteri sta compiendo con alcuni analisti internazionali per rendere il suo lavoro il più possibile comparativo e completo.

Pertanto, l'autore individua due grandi “movimenti” nel lungo rapporto fra l'animazione giapponese e il mondo, sintetizzati nelle icone eponime del Drago e della Saetta, che trasfigurano le due serie individuate come più peculiari per i ragionamenti posti in essere: Ufo Robot Goldrake (dove il robot dalle corna dorate richiama vagamente l'idea visiva del Drago) e Pokémon (con la Saetta che richiama le scariche elettriche emesse da Pikachu, l'animale-simbolo del brand). La prima delle due serie sintetizza infatti l'impatto dirompente di una nuova narrazione seriale che sopraggiunge sui mercati creando un'immediata affinità tematico-spettacolare con il pubblico più giovane, affascinato dagli scontri epici, dai protagonisti tormentati e dalla particolare miscela di pacifismo ideale e utopia dell'esplorazione spaziale rovesciata nell'incubo dell'invasione nemica. L'analisi di Pellitteri è completa laddove non si ferma alle peculiarità più volte analizzate anche in altre sedi, ma cerca pure i significati più reconditi dell'alterità insita in un eroe alieno ma sentito come affine (una possibile metafora del rapporto di vicinanza-lontananza fra il Giappone e gli Stati Uniti?).

L'impatto di Goldrake non esaurisce però la spinta di un nuovo modello che giunge in Europa in maniera più casuale che per reali volontà di espansione commerciale: per attendere questo secondo movimento dovremo appunto attendere il fenomeno mondiale di Pokémon, pensato per una strategia di ampio respiro e che riesce pure a sintetizzare la transmedialità dell'immaginario nipponico, articolato, oltre che sul fronte animato, su quello dei videogame e del merchandise. La riflessione sui contenuti si accompagna così a un'analisi delle strategie di mercato, sempre tenendo fermo il rapporto con le industrie delle nazioni occidentali (statunitensi in primis), in grado di fornire una prospettiva il più possibile completa del fenomeno.

Naturalmente, le due serie permettono anche una trattazione di alcune iconografie e categorie percepite dall'autore come particolarmente rappresentative del particolare sentire giapponese: l'infante, attraverso l'estetica kawaii, ovvero quella particolare espressione della carineria e del grazioso che stilizza un immaginario infantile in forme apprezzate anche da un pubblico adulto; la macchina, attraverso l'icona del robot e del corpo sintetico, dai giganti d'acciaio come il già citato Goldrake, fino alle derive cyberpunk che riflettono il particolare rapporto fra l'evoluzione tecnologica e il disagio esistenziale delle generazioni moderne; e infine la mutazione, intesa un po' come il punto d'unione dei precedenti percorsi, dove la contaminazione dona sostanza a realtà ibride e iconografie nuove (come possono essere, appunto, quella dei Pokémon), “dal pesante al leggero e dal reale al virtuale”. Tutte queste forme attraversano e sintetizzano tanto l'animazione quanto le altre forme dell'industria dell'intrattenimento nipponica, arrivando quindi anche al fumetto, alla musica, al cinema e via citando.

Il libro cerca perciò di dare sistematicità a questa complessa mole di argomenti attraverso un approccio lineare e il più possibile chiaro, con una divisione in capitoli netta ma dove ogni argomento sembra confluire nel successivo in una forma sicuramente densa, puntigliosa nei suoi molteplici riferimenti e debitrice di un'impostazione accademica, ma comunque il più possibile discorsiva. I riferimenti interni sono evidenziati attraverso rimandi precisi e anticipazioni degli argomenti trattati nelle pagine successive. Il percorso parte quindi dalle peculiarità tematiche dell'animazione e della cultura giapponesi, in grado di esaltare la particolare natura di un sentire che è fortemente identitario rispetto alla Storia dell'Arcipelago, ma anche molto “poroso” e abile a recepire gli spunti altrui. Il che ha determinato la particolare universalità di un linguaggio da tutti percepito come fortemente giapponese, eppure capace di fare breccia nei pubblici di tutto il mondo grazie a iconografie nette ma ben riconoscibili.

Gli spunti sono molteplici, e tengono conto anche della particolare mutazione del mercato dell'intrattenimento e della mutazione economica che, nel corso dei decenni, ha interessato un mondo sempre più globalizzato: come la cultura e l'animazione giapponesi sono state capaci di mutare pelle, così il mondo è cambiato con loro e il racconto di questa conoscenza reciproca, al netto delle confusioni che il testo cerca di chiarire, ha dunque il sapore di un dialogo stratificato e fecondo. Non mancano anche argomenti più controversi, che riflettono il dibattito interno e le possibili recrudescenze conservatrici della società nipponica, sebbene gli autori dimostrino anche un atteggiamento appassionato che a tratti assume il sapore di una partigianeria volta a esaltare in modo particolare la cultura nipponica a scapito di quelle occidentali (si veda in particolare il saggio di Jean-Marie Bouissou sul manga, dove i confronti con il fumetto euro-americano appaiono eccessivamente esemplificativi).

A proposito dei contributi esterni, oltre all'appena citato saggio di Bouissou, il volume presenta inoltre una prefazione del sociologo giapponese Kiyomitsu Yui, e interventi di Gianluca Di Fratta, Cristiano Martorella, Bounthavy Suvilay, pure orientati a rendere il lavoro il più completo possibile.

Il Drago e la Saetta – Modelli, strategie e identità dell'immaginario giapponese
di Marco Pellitteri
2008
Tunué, Latina
664 pagine

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